Lia Courrier: “La responsabilità delle vecchie generazioni nel proteggere l’arte della danza”

di Lia Courrier
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“Una cosa che mi sorprende è la mancanza di conoscenza dei professionisti della danza riguardo alla loro arte. Una delle cose più difficili per me è entrare in studio quando stiamo per iniziare a provare un’opera, ad esempio Manon, e rendermi conto che l’ottanta percento del ballerini non sa cosa stiamo facendo, chi lo ha creato e neanche chi lo ha danzato, né hanno riferimenti di alcun tipo. Questo mi ha molto sorpresa perché nella mia giovinezza non avevamo i social network e ricordo che eravamo soliti collezionare videocassette come se fossero oro. Era una cosa del tipo: ti lascio questa con Baryshnikov e tu mi dai quest’altra con Silvye, volevamo imparare. In Spagna non c’era molto balletto, eravamo affamati di conoscenza, affamati di essere in contatto con il modo in cui il mondo del balletto si stava sviluppando.
Ora, al contrario, sono più connessi che mai, possono vedere più che mai, il che è molto positivo, ma non sanno nulla dell’arte che in teoria amano.
Come ballerina, quando entravo in sala prove per imparare qualcosa, avevo già un livello di conoscenza che poteva essere utilizzato come base per costruirci sopra, ma se entri in studio e ti ritrovi davanti un foglio bianco come artista, che non ha fatto questo lavoro di preparazione, non ha alcun tipo di riferimento sull’opera che si sta affrontando, e magari hai solo quattro settimane di prove, puoi raggiungere solo il livello minimo”

A parlare è Tamara Rojo, in un estratto di un’intervista apparsa su ballettreasures.

Le sue parole così puntuali, appassionate, austere e appuntite, mi hanno molto colpita per pertinenza e verità. Questa straordinaria e virtuosissima artista, interprete (tra molti altri ruoli) di un’indimenticabile Giselle firmata da Akram Khan, è detentrice di una grande esperienza anche fuori dalla scena, come coreografa, direttrice e Maître.

Una cosa che ho in comune con questa stella della danza (una delle poche) è far parte della stessa generazione, questo è il motivo per cui ho sentito risuonare così forte questo discorso in me: abbiamo entrambe visto e vissuto il modo in cui la danza ha cambiato pelle negli ultimi decenni. Un cambiamento che non può essere valutato in modo assoluto come in meglio o in peggio, così come il concetto di evoluzione non è necessariamente sinonimo di progresso ma può essere descritta più come un complesso movimento di sovrapposizione di veli sottili i cui colori semitrasparenti si mescolano l’uno nell’altro dando vita alle più svariate sfumature e tonalità.

Sarebbe ingiusto dire che oggi il mondo della danza è meglio o peggio di prima perché certamente ci sono aspetti in notevole miglioramento e altri meno interessanti, dipende anche da chi sta guardando e quale sia l’oggetto d’osservazione.
Partendo da questa premessa, anche io negli ultimi anni mi sono più volte sorpresa nello scoprire che gli allievi non conoscono alcuni dei più grandi artisti che la danza ricordi, che non sono in grado di riconoscere le musiche dei balletti di repertorio più famosi o che non ne hanno mai visto uno intero, né dal vivo e spesso neanche in video. Conoscono le variazioni, le parti più famose, ma non le opere intere.

Ho sentito molto la parte in cui la Rojo parla delle videocassette, ricordo che fin da quando eravamo piccole allieve della prima scuola amatoriale che frequentavo, io e le compagne di corso ci scambiavamo questi piccoli tesori o ci trovavamo a casa di qualcuno per guardarli e sognare insieme. C’era un negozio di dischi nella città in cui sono nata, con una piccola sezione di videocassette di balletto e opera lirica, ogni tanto andavamo a vedere se sugli scaffali era comparsa qualche novità, pagando a caro prezzo quelle manciate di minuti che avremo visionato infinite volte, imparando a memoria ogni movimento e dettaglio.

All’epoca passava molta più danza di oggi in televisione (parlo di danza in teatro e non di talent) e ovviamente eravamo informatissime sulla programmazione per poter registrare le puntate. Trascorrevamo ogni momento libero dopo lo studio a scuola e le lezioni di danza a nutrirci di queste incredibili interpretazioni. Qualcosa ci piaceva di più, altre di meno, ma eravamo talmente bramose di conoscere le stelle del passato così come quelle del nostro tempo, che guardavamo tutto quello che ci capitava, anche quello che non capivamo. Quelle videocassette sono state una parte importante della nostra formazione, sotto ogni punto di vista: culturale, musicale, tecnico e artistico.

È confortante per me sapere che una grande personalità della danza come Tamara Rojo esprima così bene un pensiero che anche io ho formulato tante volte e questo non significa necessariamente che ci sia un conflitto generazionale in atto o che i ballerini di oggi stiano sbagliando qualcosa. Credo semplicemente che quando c’è troppa abbondanza di informazioni ad un certo punto si possa perdere orientamento e interesse, si può arrivare ad una saturazione che può trasformarsi in apatia o bulimia di informazioni ma senza una vera presenza mentale a supportarne la comprensione. Aggiungiamo anche la deriva atletica che una buona parte della danza sta prendendo, la tendenza ad una visione ego-riferita dell’esistenza, ed ecco che la scala di valori e priorità cambia, virando verso la quantità, più che per la qualità. La performance diviene più importante dell’arte, apparire è più importante che essere, emoziona di più una gamba elevata sopra la testa che un’interpretazione profondamente coerente con il personaggio.

Siamo di fronte al moltiplicarsi dei gala, spettacoli composti esclusivamente da variazioni o passi a due estrapolati dal contesto drammaturgico a cui appartengono, con il rischio di svuotarle da ogni attributo del racconto per divenire dimostrazione di virtuosismo. Ho visto tra i più famosi frequentatori di questo tipo di palcoscenici danzare le variazioni con il volto contratto per lo sforzo, senza una vera connessione con il personaggio che stavano interpretando, ricevere scrosci di applausi dopo aver eseguito decine di giri e salti incredibili. Sono tutti ballerini di grande valore, nel pieno del loro vigore e con una grande esperienza, bagaglio che però, ahimè, non sempre viene messo al servizio del racconto e questa per me rappresenta una grande occasione mancata per tutti: per il pubblico, per l’interprete, per i danzatori che arriveranno in futuro e per la danza stessa.

Qualcuno ha commentato questo stralcio di intervista dicendo che i ballerini della vecchia generazione sanno solo criticare, parlano perché sono sul viale del tramonto e non potendo più ballare non trovano di meglio da fare che denigrare i giovani. Personalmente non percepisco una critica distruttiva nelle parole di Tamara Rojo ma solo preoccupazione per chi verrà, una volontà di proteggere l’arte della danza, accogliendo il nuovo ma conservando l’essenza di ciò che ci è stato trasmesso da chi è venuto prima, una ferma volontà di affrontare una problematica che sarebbe patologico non condividere per non osare aprire un dibattito, o per non offendere nessuno. Solo attraverso il dialogo è possibile accendere una luce su alcuni aspetti che possono essere esplorati, individuando opzioni alternative e soluzioni per migliorare sé stessi.

Far parte della vecchia generazione di danzatori non vuole necessariamente dire essere fuori dal mondo, obsoleti o incapaci di apprezzare le novità. Avere qualche primavera in più sulle spalle significa aver accumulato esperienza, cultura, conoscenza, e molti di noi sono felici di mettere questo patrimonio (qualunque ne sia l’entità) al servizio di chi si affaccia adesso in questo mondo, ma questa trasmissione può avvenire solo sulla base di un rispetto reciproco e una comunicazione onesta, con la mente e il cuore ben aperti, senza schermaglie e autocommiserazione.

In caso contrario, continuità e bagaglio andranno inesorabilmente perduti.

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1 commenti

Patrizia Perrone 28 Marzo 2025 - 3:54

Condivido in pieno le considerazioni della Courrier e della Rojo. Ho 61 anni e dopo essere stata una danzatrice negli anni 80/90 ,insegno ormai da molti anni danza classica. Riscontro anche io da molto tempo ormai nelle nuove generazioni tanta apatia e la pochissima curiosità verso il mondo della danza che amano (così dicono) e frequentano. Spesso mi sono trovata in sala durante una normale lezione a chiedere loro se conoscessero “quella tale musica così tanto famosa” o a quale altrettanto noto balletto appartenesse. Risposte nulle o inesistenti!
Il tutto con la possibilità che esiste oggi di poter accedere a qualsiasi informazione o video in qualsiasi momento attraverso PC o telefonini! In base alla mia esperienza , ho notato una quasi totale mancanza di curiosità nella maggior parte dei ragazzi che praticano oggi questa preziosa arte , così tanto ricca di storia e cultura. Leggendo l’articolo sono riemersi in me ricordi ricchi di emozioni…….anche io insieme alle mie compagne aspettavo curiosa e trepidante l’arrivo delle videocassette ,magari ordinate a caro prezzo nell’unica edicola in città che ce le faceva avere…..o insieme alle altre attendevo quel programma di danza in TV che andava in onda un giorno a settimana in estate mentre tanti nostri compagni di classe andavano al mare. Tempi belli, pieni di curiosità e aspettative, alla ricerca di quel brano musicale ( oggi a volte definito addirittura “canzone”) di questo o di quel balletto, tanti sogni…….a volte diventati realtà e a volte no…..ma sicuramente tempi che i nostri ragazzi purtroppo oggi non conoscono. Personalmente penso che non ci resta altro da fare se non lavorare con tanto amore e passione, cercando ogni giorno di riaccendere in loro la fiammella di questa preziosa arte che è la DANZA e soprattutto non smettere mai di credere nelle loro risorse!

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