Lia Courrier: ” Il piede bello… e il piede consapevole”

di Lia Courrier
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Questa settimana scrivo un numero da nerd dell’anatomia, ma solo perché sono stata ispirata dai discorsi con i miei meravigliosi studenti.

Il piede è una struttura estremamente complessa e raffinata, osservarlo e valutarlo solo per la sua forma estetica è una ingiustizia che i danzatori commettono troppo spesso. Il piede dalla forma perfetta è solo un dono della natura, una lotteria della genetica che distribuisce premi a casaccio, insomma, non c’è alcun merito nell’avere un piede adatto alla danza. Quello di cui non si parla quasi mai, invece, è la biomeccanica del piede, la sua composizione e le meravigliose linee biodinamiche attraverso cui passano le forze. Visto da questo punto di vista ogni piede è una sintesi perfetta di bellezza, efficienza, sensibilità.

Il piede umano si connette con tibia e perone attraverso l’astragalo, un osso dalla forma singolare, che ha la capacità di ruotare all’interno delle due ossa della gamba, come un cubetto di ghiaccio preso in una pinza. Al di sotto, l’astragalo comunica con il calcagno, che si sporge indietro con una lunga protuberanza (tuberosità è il termine anatomico) che consente nientemeno che creare un appoggio efficiente che vada a controbilanciare la parte posteriore del cranio, anch’essa sporgente posteriormente (il cranio è la parte più pesante del corpo, e se ne sta in cima: un’altra brillante soluzione evolutiva di cui sarebbe bello parlare se non fosse off topic). Queste due ossa – astragalo e calcagno – si incontrano attorno ad un asse, chiamato asse di Henké, che rappresenta il fulcro attorno al quale tutti i movimenti di piede e caviglia si organizzano.

Davanti a queste due, abbiamo un altro ordine di ossa: il cuboide che segue il calcagno, e lo scafoide che segue l’astragalo. Andando avanti, poi, il cuboide si relaziona direttamente con le ossa metatarsi delle ultime due dita del piede, mentre lo scafoide fronteggia prima le tre ossa cuneiformi, che a loro volta poi incontrano le ossa metatarsali delle prime tre dita (che poi si connettono con le falangi).

Cosa vuol dire questo? Che nel nostro piede le linee di forza seguono due sentieri differenti: uno verso il quarto e quinto dito, e l’altro che invece percorre le prime tre dita. Un piede biforcuto, insomma. Meraviglioso, vero? Alta ingegneria biodinamica.

È importante conoscere questa particolarità, quando ad esempio cerchiamo di radicare bene le nostre piante dei piedi mentre le nostre gambe si trovano in rotazione esterna, come capita costantemente nella lezione di balletto. L’en dehors porta facilmente i piedi a pronare in avanti, quindi per contrastare questa tendenza (che potrebbe produrre torsioni innaturali e dannose alle ginocchia, ad esempio), ora che conosciamo meglio anatomia e fisiologia del piede, sappiamo che sarà necessario imprimere forza e attenzione al ‘piede del cuboide’, aiutando a preservare la cupola dell’arco mediale che in questo modo non crollerà.

Per sostenere bene questo arco non basta allineare in modo corretto ossa e articolazioni, è necessaria l’attivazione di specifici muscoli, ossia i muscoli intrinseci del piede (quei piccoli e sconosciuti muscoli che originano e si inseriscono all’interno della struttura del piede), specialmente uno, chiamato abduttore dell’alluce, che ha le sue inserzioni nella tuberosità interna del calcagno e nella prima parte della falange dell’alluce. Questo muscolo offre un sostegno attivo dell’arco plantare interno e collabora a evitare l’evoluzione dell’alluce valgo, patologia di cui molti danzatori soffrono, proprio a causa delle estreme sollecitazioni ripetute a cui i tessuti in quell’area sono sottoposti.

Nessun danzatore, quindi, ha brutti piedi. Direi invece che tutti i piedi non consapevoli e che non hanno coltivato la sensibilità sono piedi non significativi nel pensiero danzante, al di là della forma. Come sempre, la conoscenza del proprio strumento aiuta molto a promuovere padronanza e tecnica nei danzatori, che troppo spesso si limitano ad uno sguardo superficiale sulle cose.

Perdendosi il divertimento e la possibilità di andare oltre le apparenze.

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