Lia Courrier: “I ballerini del passato sono davvero meno prestanti di quelli di oggi?”

di Lia Courrier
653 views

All’interno dell’ambiente della danza, in particolare tra le nuove generazioni, è ben radicata la convinzione che la tecnica e le prestazioni atletiche dei ballerini di oggi siano nettamente superiori rispetto al passato, che sulla scena odierna prenda vita una dimostrazione di virtuosismi impensabili per gli artisti del passato.

Mi sono talmente abituata a questo mantra da essermi convinta io stessa, come una forma di auto-ipnosi, che corrisponda ad una realtà palese e innegabile sotto agli occhi di tutti.

Ma siamo sicuri che sia davvero così?

Alcuni ballerini e insegnanti di danza ultimamente hanno cominciato a condividere, sui loro canali social, vecchi filmati e contenuti provenienti da un’epoca passata, anche antecedente alla mia, in cui gli interpreti eseguono movimenti che difficilmente oggi vediamo sulle scene, almeno non con così tanta naturalezza e musicalità (soprattutto quest’ultima).

Tra i tanti che meriterebbero una menzione (ma che per ragioni di spazio non è possibile inserire in questo contesto) spicca il meraviglioso Julio Bocca in una pirotecnica interpretazione di Acteon eseguita con incredibile vigore, precisione, virtuosismo ai limiti dell’immaginazione e soprattutto naturalezza. Immortali anche le apparizioni di Vladimir Vasiliev, una divinità per molti appassionati, che dovrebbero essere viste e riviste da chiunque si professi un appassionato o uno studente di danza. Alicia Alonso era in grado di eseguire un numero di pirouettes davvero sorprendente, considerando anche le scarpette da punta che si portavano all’epoca, certamente meno stabili di quelle di oggi.

Ekaterina Maximova sembrava irreale per grazia, bellezza delle linee, forza interpretativa e tecnica impeccabile in ogni ruolo: una che si sparava 32 fouettés nella coda di Don Quixote su una moneta da un rublo (un modo di dire russo per indicare con un tale controllo da non spostarsi mai da quel punto) e con le mani ai fianchi, mantenendo musicalità e ritmo fino alla fine. Ma la lista potrebbe continuare: Elisabeth Platel, Natalia Makarova, Tetsuya Kumakawa e non ho neanche citato Rudy e Misha perché mi pareva superfluo.

Ho visto anche vecchi filmati di ballerini russi eseguire sequenze acrobatiche di passo a due con una tale percentuale di rischio da chiamare spontaneamente l’applauso a scena aperta per la spettacolarità e la difficoltà dei movimenti. Ad esempio un antico video  del pas de deux “Spring Waters” sulla bellissima musica di Rachmaninov, in cui la ballerina si getta in volo con un salto da metà palcoscenico, per atterrare nelle braccia del partner con grande naturalezza. In altri filmati di interpreti sconosciuti, in bianco e nero, giunti a noi con la qualità audio e video notevolmente compromesse (estremamente datati), la ballerina viene letteralmente lanciata in aria e dopo alcune evoluzioni in rotazione atterra in posa praticamente seduta sulla mano o sulla spalla del ballerino, oppure lanciata da un partner ad un altro per interi minuti senza mai toccare terra. Personalmente non sono una grande fan di questo aspetto acrobatico della tradizione ballettistica sovietica, ma è innegabile la grande preparazione tecnica, atletica e anche la fiducia reciproca tra i due partner, costantemente ad un passo dalla tragedia, se dovessero mancare l’appuntamento.

Questi documenti sono particolarmente preziosi anche per la diversità dei fisici dell’epoca, uomini e donne erano più massicci, di conseguenza anche più pesanti. Non corrisponde a verità assoluta, quindi, che le ballerine devono essere magre perché i ballerini devono sollevarle, piuttosto direi che bisognerebbe lavorare per sviluppare forza in entrambi: per le donne più sostegno nel centro del corpo e potenza nelle gambe per saltare; per gli uomini più allenamento funzionale per sollevare i pesi. Per entrambi, e questa è la nota più importante, è necessario comprendere l’importanza della dinamica, del timing, della sincronizzazione armoniosa delle spinte quando si danza insieme a qualcuno.

Carla Fracci è stata una ballerina dallo straordinario potenziale, pienamente espresso e apprezzato non solo nel nostro paese ma nel mondo. Oggi le mie orecchie devono ascoltare indegne critiche verso di lei perché da uno sguardo contemporaneo, almeno secondo i detrattori, il suo corpo non soddisferebbe richieste estetiche come collo del piede o ipermobilità, ma la stabilità che aveva sulle punte, la sua musicalità, la naturalezza con cui eseguiva pirouette impeccabili, hanno reso la sua interpretazione di Giselle ancora oggi inarrivabile, almeno per chi come me va in cerca dell’arte della danza e non della ginnastica. Oltre alla tecnica impeccabile, alla sua forza nei salti e nelle sospensioni, non si può non notare la maestria con cui ha interpretato questo difficilissimo personaggio, dalla solarità della giovinezza e del primo amore all’eterica spiritualità della sua forma post mortem, una lezione d’arte imperdibile per chiunque si interessi alla danza classica.

L’ossessione per l’estetica che oggi serpeggia tra gli appassionati e i praticanti di questa arte rasenta la patologia con questo feticismo per il corpo, che deve essere esageratamente sottile, ipermobile, super definito in ogni muscolo, senza nessuna imperfezione o grammo di grasso. Alcuni miei allievi si struggono perché con l’allenamento i muscoli diventano ai loro occhi troppo “grossi” rovinando l’estetica delle linee, quando quei muscoli sono in realtà l’unica cosa che hanno per muovere le ossa nello spazio, fisiologicamente parlando.

Tuttavia, nonostante le conoscenze fisiologiche, metodi di allenamento e svariate tecniche somatiche, i ballerini e le ballerine odierni a volte non riescono a raggiungere quella purezza argentea, quel vigore e vitalità che le stelle del passato (con solo la sbarra e interminabili stagioni da centinaia di spettacoli a disposizione) riuscivano a mostrare. Forse le loro linee non erano così estreme come quelle a cui siamo abituati oggi, ma la loro danza era pura energia, istinto, essenza, elettricità, ispirazione e anche una punta di disperazione, nonché una brama profonda di essere lì, di mettere in gioco tutto, persino la vita, per spremere fuori ogni goccia di succo in quelle straordinarie esibizioni.

La danza è bella sempre quando è di qualità, qualunque essa sia, la considero una celebrazione della vita e della gioia di essere qui su questo pianeta, per un tempo breve e quindi proprio per questo vale la pena di viverlo danzando. Come diceva anche Nureyev nella sua “lettera alla danza”: “ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare” proprio a rimarcare il valore assoluto dell’arte della danza e il suo legame profondo con la condizione umana. Gli artisti di oggi non sono meglio o peggio di quelli del passato, sono diversi, raccontano il proprio tempo, coscientemente o meno, attraverso il movimento e l’interpretazione. I cambiamenti e i valori che la società sceglie di portare avanti non possono non riflettersi su colei che quella società la racconta, ossia l’arte.

Parlando da un punto di vista strettamente personale, una danza che punta puramente all’estetica o alla perfezione tecnica è una danza morta, un prodotto di serra, privo di carica vitale, che puoi anche mangiare per riempirti la pancia, apprezzare per la bellezza delle forme e la vivacità dei colori, ma che non ha un gran sapore e non dona alcun nutrimento, così cinque minuti dopo che lo hai consumato ti viene già voglia di mangiare altro in cerca di soddisfazione. Quando invece la ricerca estetica è il frutto dell’esigenza di aprire le porte del proprio mondo interiore per donarlo al pubblico, di una vitalità quasi animalesca che libera la creatività come un Daimon, quando l’artista è talmente immerso nel momento da canalizzare potenti energie superiori, quando si danza per dare un senso alla propria esistenza, per trovare un posto nel mondo e non solo per soddisfare il proprio piccolo ego, allora ecco che siamo al cospetto della Bellezza, con la maiuscola.

In quel momento stiamo assistendo ad un miracolo e non ad una semplice esecuzione.

Chi ha avuto la fortuna di assistere ad un simile evento sono certa ne serbi un ricordo perfetto e dettagliato come se fosse accaduto ieri, perché si tratta di un’esperienza profondamente trasformativa per lo spettatore. 

Articoli Correlati

Lascia un Commento