Kratz/Preljocaj/De Bana: alla Scala un trittico che unisce antico e moderno

Danza contemporanea di qualità, suggestioni dal passato, linguaggi moderni per uno spettacolo ricco ed equilibrato

di Fabiola Di Blasi
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La recensione si riferisce alla recita del 4 marzo 2025 accolta da molti appalusi.

Dopo l’anteprima benefica per la Fondazione per l’Infanzia Ronald McDonald, e la Prima del 28 febbraio dedicata ad Antonella Luongo, artista del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala scomparsa prematuramente, il trittico Kratz/Preljocaj/De Bana è in scena con altre sei recite e diversi cast, fino al 12 marzo (www.teatroallascala.org/it/stagione/2024-2025). Si tratta dell’ultimo spettacolo che vede la direzione di Manuel Legris che per cinque anni ha guidato egregiamente la compagnia scaligera.

Lo spettacolo si apre con Solitude Sometimes di Philippe Kratz, coreografo tedesco amato e acclamato a livello internazionale che torna alla Scala per la terza volta e che ci pone di fronte a una performance che fluisce, scorre ininterrottamente da destra verso sinistra sui loop della musica elettronica (in questo caso di Thom Yorke e Radiohead) che Kratz conosce molto bene avendo vissuto a Berlino, centro della sperimentazione sonora.
La creazione, apparentemente astratta, trae ispirazione dal Libro dell’Amduat (testo funerario egizio del 1500 a.C.) che descrive il viaggio di Ra, il Dio Sole, nell’aldilà. Un percorso catartico di trasformazione e rinascita a cui Kratz si è interessato dopo aver scoperto che uno dei brani che più lo colpivano all’ascolto, Pyramid Song, era stato composto da Yorke dopo aver visitato una mostra sulla mitologia egizia. Il risultato non è un racconto narrativo ma una riflessione profonda sulla ciclicità di ogni rito di passaggio, una metafora della nostra esistenza in cui attraversiamo crisi e difficoltà che richiedono resilienza. Nel ricco vocabolario coreografico di Kratz, trovano posto qui chiari richiami all’iconografia egizia. Eccellente il lavoro di Carlo Cerri, Philippe Kratz e OOOPStudio su scene, luci e video design che costruiscono quello che sembra essere un aldilà virtuale (o forse la coscienza di ciascuno?) sfruttando la dualità luce-buio.

In scena quattordici danzatori, tra cui la prima ballerina Martina Arduino, per una coreografia affascinante che non si ferma mai, fluisce e ci accompagna verso una nuova luce. Solitude Sometimes è stata commissionata dal Teatro alla Scala dove è già andata in scena due anni fa con lo stesso successo. L’impressione che si ha è quella di un lavoro ipnotico che ci cattura totalmente e che potremmo guardare all’infinito. Senza dubbio, la parte più interessante del trittico.

Venuti, Ballone, Turnbull, Gramada, ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Il secondo quadro è Annonciation del famoso coreografo franco-albanese Angelin Preljocaj. Un duetto pluripremiato del 1995, andato in scena alla Scala per la prima volta nel 2002 (o meglio al Teatro Smeraldo, essendo La Scala in ristrutturazione). Il titolo tratta chiaramente dell’annunciazione di Maria e visivamente ci pone di fronte a un quadro senza ambientazione storica. Per il gioco di luci e l’immobilità di certi istanti, ci sembra, infatti, di trovarci davanti a un dipinto (in fondo il tema è stato a lungo raffigurato nella storia dell’arte) e nessun elemento rimanda esplicitamente alle protagoniste né alla vicenda, mentre la musica ci trasporta maggiormente nel racconto così come il gesto, tra l’antico e il moderno, non narrativo ma con rimandi simbolici. Quella dell’angelo, non è solo un’apparizione ma sembra quasi un “attacco”, un’invasione, una penetrazione della dimensione intima di Maria che reagisce alternando diversi stati emotivi. L’annuncio del concepimento è simile al meccanismo creativo (dall’intuizione alla realtà) e non ha a che fare con il racconto classico, quasi mitologico, con la purezza e la grazia ma con la sensualità, la dimensione carnale, la sottomissione e la rivolta. L’angelo che, al contrario di quello che è nell’immaginario comune, qui è una figura femminile portatrice di vita, bacia Maria. Annonciation vede in scena due danzatrici, in questo caso Caterina Bianchi (L’Ange) e Agnese Di Clemente (Marie), sempre perfetta in ogni sua interpretazione.

Caterina Bianchi e Agnese Di Clemente, ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala (2)

Chiude il trittico una prima assoluta, Carmen, firmata da Patrick de Bana. Per un titolo già rappresentato in numerose versioni, non è facile creare qualcosa di non ancora visto. L’operazione di de Bana è sicuramente interessante ma accolta da critiche contrastanti. Durante la sua carriera, dopo la formazione all’Hamburg Ballet di John Neumeier e dopo il Béjart Ballet Lausanne, de Bana è stato Primo ballerino della Compagnia Nazionale di Danza diretta da Nacho Duato che lo ha portato a contatto con la Spagna più vera. Si è avvicinato anche al mondo del flamenco e per molti anni si è sentito attratto dal titolo di Carmen sapendo che prima o poi ne avrebbe creato una sua versione. Questa non si limita a portare in scena la narrazione di Mérimée, ma indaga maggiormente l’aspetto psicologico dei personaggi, mette l’accento su nuove sfumature, introduce elementi a cui dà molto spazio, come il Toro (Rinaldo Venuti) e la Morte (Navrin Turnbull) sempre presenti (e questa integrazione è interessante), si interroga sul dramma amoroso che vive Micaela (Camilla Cerulli), strega il pubblico con costumi, scene e luci. Ci sono il mondo della corrida, il flamenco, l’atmosfera gitana. Le musiche di  Ščedrin sono rielaborate e integrate con canti tradizionali. C’è la fusione tra la danza classica, la danza contemporanea e il flamenco. La sua Carmen è una femme fatale che seduce e manipola ma finisce vittima del suo stesso gioco. Nella scena finale, faccia a faccia con Don José (Nicola Del Freo), Carmen viene finita dal toro dopo essersi trovata in un cerchio della morte composto da ballerine in abiti neri da flamenco che le giravano intorno mentre cercava di fuggire al suo destino. Ottimo il cast che, oltre ai già citati, comprendeva Gabriele Corrado come Torero e Gaia Andreanò nel ruolo di Manuela.

Alice Mariani e Nicola Del Freo, ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

 

Una menzione speciale per la prima ballerina Alice Mariani, splendida Carmen, sensuale e convincente. La sua danza comunica esperienza e la versatilità,  ha grande tecnica ed è forte e sicura in scena. Nominata prima ballerina sotto la direzione di Manuel Legris che ha sempre creduto in quest’artista, Alice Mariani era già Principal al Semperoper Ballet Dresden, dove è rimasta per dieci anni lavorando con i più grandi coreografi.

 

 

Kratz/Preljocaj/De Bana recita del 4 marzo

Solitude Sometimes
Produzione Teatro alla Scala
Coreografia: Philippe Kratz
Assistente coreografo: Casia Vengoechea
Musica: Thom Yorke e Radiohead
Scene: Carlo Cerri e Philippe Kratz
Costumi: Francesco Casarotto
Luci: Carlo Cerri, Video designer: Carlo Cerri e OOOPStudio
Interpreti: Martina Arduino, Camilla Cerulli, Linda Giubelli, Alessandra Vassallo, Stefania Ballone, Domenico Di Cristo, Navrin Turnbull, Frank Aduca, Andrea Crescenzi, Darius Gramada, Said Ramon Ponce, Andrea Risso, Gioacchino Starace, Rinaldo Venuti

Annonciation
Produzione Teatro alla Scala
Coreografia e scene: Angelin Preljocaj
Supervisione coreografica: Claudia De Smet
Musica: Stéphane Roy (Crystal Music) e Antonio Vivaldi (Magnificat)
Costumi: Nathalie Sanson
Luci: Jacques Châtelet
Interpreti: Caterina Bianchi, Agnese Di Clemente

Carmen
Nuova Produzione Teatro alla Scala – Prima rappresentazione assoluta
Coreografia: Patrick de Bana
Assistente coreografo: Aida Badia
Libretto: José Andrade
Musica: Rodion Ščedrin (Carmen Suite) El Pele&Vicente Amigo​​​​​​​ (Aconteció) Montse Cortés con Juana la del Pipa (Ayer en Hoy)
Scene: Ricardo Sánchez Cuerda
Costumi: Stephanie Bäuerle
Luci: Ivan Vinogradov
Interpreti: Alice Mariani, Nicola Del Freo, Navrin Turnbull, Rinaldo Venuti, Camilla Cerulli, Gabriele Corrado, Gaia Andreanò e il corpo di ballo del Teatro alla Scala

In copertina, Martina Arduino e Darius Gramada in Solitude Sometimes Foto Brescia – Amisano © Teatro alla Scala

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