Il sogno di tutti i ballerini: il collo del piede

di Lia Courrier
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Oggetto del desiderio.

Sobillatore del feticismo danzerino più sfrenato.

Venerato dagli uomini e dalle donne.

Lui, il divino, l’indispensabile, ciò che tutti vorrebbero poter ammirare alla fine della propria gamba.

Il collo del piede ha fatto da sempre parlare molto di sé nell’ambiente della danza.

Chi non ne è corredato per nascita si arrabatta come può fin dalla più tenera età, infilando il povero piedino sotto ai divani, usando cinghie, bende elastiche, marchingegni creati apposta per svilupparlo, ispirati agli strumenti di tortura medievale, persino tentando con la chirurgia estetica. Qualsiasi cosa purché la caviglia disegni quella curva sensuale ed espressiva ogni volta che si stende il piede. Nell’olimpo dei ballerini esistono leggende e miti su come questo o quella sono riusciti a modellare le caviglie, una delle più celebri antesignane della totale abnegazione al collo del piede, è stata proprio la Carla nazionale, che ha più volte raccontato di aver messo il piede sotto al calorifero per forgiarne la punta, immolando i suoi anni verdi alla causa.

Dal punto di vista fisiologico, purtroppo, mi duole dire che chi non è provvisto naturalmente di quella speciale mobilità della caviglia, potrà anche esercitarsi tutto il giorno, ma non otterrà grandi risultati dal punto di vista estetico, sarebbe molto meglio  dedicare queste energie per lavorare sulla funzionalità del piede in movimento così che, anche se non proprio bello, diventi funzionale. Un collega con cui studiavo nella classe per professionisti, infatti, aveva capito molto bene questo concetto e anziché stare a struggersi e distruggersi per plasmare il suo piedino in modo che rispondesse all’espressione matematica della curva perfetta, aveva optato per uno stratagemma che ho sempre considerato geniale tanto che, parecchi anni dopo, uscì sul mercato di settore un prodotto che avrebbe benissimo potuto brevettare lui: la protesi estetica mobile per il collo del piede. Si tratta di una coppetta di silicone, inserita in un gambaletto color carne, che dovrebbe donare quella linea tanto desiderata al piede una volta steso. Non conosco nessuno che l’abbia mai usata, o che abbia ammesso di farlo, e non ho idea se poi questo articolo abbia davvero avuto successo, ma si sa che la produzione risponde ad una effettiva domanda, quindi se lo si può acquistare un motivo ci sarà. Il mio collega, un pioniere del collo del piede finto, usava mezzi molto più spartani, materiali semplici, ma giuro che in tanti anni che abbiamo studiato insieme mai avrei immaginato che la forma del suo piede non fosse naturale!

Un giorno lo vidi mentre lo assemblava, prima della lezione, e rimasi rapita dalla maestria con la quale era in grado di trasformare i suoi piedi a rampino, ebbene si, possiamo dirlo, in un bellissimo piede da ballerino. Per prima cosa ripiegava un calzino con cura dandogli la forma desiderata, lo sistemava nel sito preposto sulla caviglia, poi si infilava le scarpette da mezza, incastrando il calzino sotto agli elastici incrociati, che aveva cucito in modo che rispondessero alla perfezione a quella esigenza. Poi si infilava un altro pedalino, a volte anche due, direttamente sopra alle scarpe, per dare continuità e coerenza alle varie parti, di solito usava tutto nero, per mimetizzare al meglio. Infine sistemava gli scaldamuscoli rimboccandoli leggermente proprio nel punto giusto per poter creare maggiore continuità ed una illusione perfetta: posizionato a dovere, infatti, quel ripiegamento era in grado di dissimulare lo strano bozzo che si formava quando il piede era appoggiato a terra.

Un perfetto make up, insomma!

Da quel giorno ho notato il suo trafficare prima della lezione. Era veloce e preciso nello svolgimento di questa operazione, ma si trattava di un ballerino professionista, che lavorava in compagnia, per questo mi sono sempre chiesta come facesse in scena, quando ovvie richieste di costume gli avrebbero impedito di utilizzare, ad esempio, lo stratagemma dello scaldamuscolo. Non ho risposte a questa domanda perché non ho mai avuto modo di vederlo danzare, ma la curiosità rimane ancora oggi, tanto che dopo tutti questi anni mi ricordo ancora di lui e della suo incredibile accrocchio. Certo, utilizzare la finzione in un momento, come quello della lezione di danza, che dovrebbe contemplare il confrontarsi con i propri limiti e il potenziale, mi ha sempre lasciata perplessa, ma forse vedere quel collo del piede gli dava sicurezza, lo gratificava, lo faceva sentire più a suo agio. Era il suo vezzo, insomma, e non è di certo l’unico ad utilizzare piccoli innocenti trucchi per aumentare la fiducia in sé stessi. Solo che lui lo faceva con un particolare impegno.

Smettetela di angosciarvi, quindi, per le vostre caviglie: esiste sempre una soluzione! Se il vostro training per sviluppare un buon collo del piede non da’ i risultati sperati, potete sempre allenarvi a ripiegare calzini con l’abilità di un maestro di origami!

Grazie a Salvatore Manzo, danzatore del Teatro San Carlo di Napoli, per la gentile concessione della foto.

Crediti fotografici: Vito Lorusso

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