Il corpo umano: unico e molteplice. Dipende dai punti di vista…

di Lia Courrier
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Il corpo umano è un’unità.

Il corpo umano è anche un insieme di segmenti diversi e separati, di tessuti dalle densità differenti, di elementi che hanno funzioni specifiche .

Il corpo umano è sia un’unità che un insieme organico di elementi differenti, questo dipende dal punto di osservazione in cui ci troviamo di volta in volta.

Il corpo umano è un fedele diario della nostra vita, scritto nelle cellule, nei tessuti, nelle articolazioni, nella struttura, nei fluidi. Tutti gli eventi accaduti e che ci hanno coinvolto, vi lasciano un segno del loro passaggio.

Comprendere questo a livello di esperienza, è già sufficiente a stravolgere ogni concetto precedente sull’idea del movimento e, nel nostro caso, sulla danza.

Osservo nei corpi degli allievi delle tensioni in alcuni punti specifici, spesso sempre gli stessi, peculiari capitoli di quel diario che rimane sempre aperto agli occhi di chi è in grado di comprenderne l’alfabeto. Ognuno ha i suoi punti critici: la bocca contratta, occhi sbarrati, sopracciglia sollevate, dita delle mani tese, spalle sollevate, gomiti immobilizzati, collo bloccato, scapole congelate e potrei andare avanti ancora. A volte si tratta di tensioni evidenti, altre volte invece sono molto più macroscopici gli effetti di queste tensioni in altre zone del corpo o nella fluidità mancata della danza.

Che qualità potrà avere la mia pirouette se ho lavorato per tutta la sbarra con il collo rigido e contratto?

In realtà le zone del corpo da cui trarre forza per controllare e modulare il movimento si trovano attorno a quello che viene chiamato ‘centro’ del corpo, che io percepisco come un luogo sferico, ad alta densità,  posto tra l’ombelico e l’osso sacro. Quando, per i motivi più disparati, non si riesce a convogliare energia in questo punto, allora la si cerca lì dove il nostro corpo istintivamente pensa di poterla trovare, ed è qui che si smette di parlare di forza e si comincia a chiamarlo, più correttamente, sforzo.

Lo sforzo può creare una contrazione coatta e ripetuta in una zona, fino a farla diventare una falsa risorsa che blocca quella regione del corpo senza permettere alla danza di poterla attraversare. Questa parte sarà quindi esclusa da tutti i processi mentali, espressivi e meccanici che hanno a che fare con il movimento.

Quindi: anche se la danza classica pone molta attenzione alla struttura appendicolare, alle gambe e alle braccia, che sono l’essenza stessa dell’estetica ballettistica, è su di un centro che queste poggiano per trarre sostegno ed energia, slancio e dinamica. È del tutto fuorviante pensare che, per esempio, la forza per sostenere un develloppé si possa trovare nella gamba stessa. Piuttosto bisognerà focalizzare l’attenzione sui muscoli che connettono il tronco agli arti inferiori e su tutta la complessa struttura muscolare che si trova attorno al bacino, ossia in questo famoso centro, per non parlare di tutto il sistema di radicamento e di spinta, azione esclusiva della gamba di sostegno, e dell’utilizzo consapevole della spirale per attivare tutte le controforze necessarie al bilanciamento.

La forza catturata dentro a questi luoghi in cui normalmente si cerca di trovare forza attivando uno sforzo, è tutta energia che potrebbe essere meglio spesa se canalizzata dove serve davvero, mentre normalmente viene mantenuta in modo così intenso e caparbio che a volte faccio fatica a rilasciarla persino quando cerco di agire attraverso il tocco. Molto spesso gli allievi non si rendono neanche conto di danzare portandosi appresso questi buchi neri di energia, ci vuole molto tempo solo per accorgersi di loro, e funzionano come degli interruttori: quando sono attivati la tensione tende ad espandersi e reiterarsi, producendo una danza frammentata che comporta un grande dispendio di forze, togliendo fiato e resistenza. Quando invece chiedo di liberare quella tensione per spostarla dove permetterebbe di ritrovare controllo e radicamento, è come se nel tentativo di rilasciare quel punto tutto l’intero sistema muscolare del corpo avesse bisogno di disattivarsi. Questo è quello che io chiamo effetto on/off: o tutto contratto o tutto rilasciato. Quando ci si trova in questa trappola, poiché danzare vuol dire proprio modulare consapevolmente le energie che abbiamo a disposizione, è necessario imparare a sentire ogni parte del corpo come separata da tutte le altre, per riuscire ad ingaggiare un gruppo muscolare, senza che questa tensione coinvolga altre parti; ma senza mai perdere di vista l’identità olistica del nostro strumento, dove ogni parte è in relazione con tutto il resto. Solo rimanendo ugualmente focalizzati su questi due aspetti complementari del nostro strumento, di unità e separazione, possiamo ottenere un movimento organico e fluido in cui ogni elemento è in grado di concorrere, in armonia con tutti gli altri, per eseguire una danza piena di respiro, musica e dinamica. Un diverso concetto di contrazione muscolare si fa strada: non un’azione massiva e uniforme ovunque, ma un lavoro sensibile e raffinato che consente al sistema di lavorare in modo fisiologico, ossia alternando fasi di contrazione ad altre di rilascio, tonificando il tessuto, ossigenandolo e mantenendolo sempre adeguatamente reattivo.

Lasciamo alla danza lo spazio per abitare il corpo in ogni sua parte: più forza e meno sforzo!

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