Finché c’è vita, c’è tango! L’esilio di Jorge Vacca (Dj Punto Y Branca)

di Vittoria Maggio
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“A me il tango non manca, ce l’ho dentro, sono nato col tango, non lo vivo come un esilio, mi manca il lavoro, quello sì! Il tango del futuro? Dovrebbe cambiare tutto!”

Dj Punto Y Branca: noi tangueri gli siamo tutti molto affezionati. Per noi lui è il “tango” che balliamo in milonga. Quando in una serata lui è alla consolle, la buena onda è garantita! Punto e basta!

Fra i disc jockey argentini trapiantati in Italia è il più conosciuto dopo Felix Picherna, che ci ha lasciato qualche anno fa, e con il quale gli capitava di dividere la consolle in un dinamico passo a due. Me li ricordo bene insieme, a mezzo busto dietro la musica, tra il rosso e il nero delle luci basse di una nota sala da ballo milanese, un po’sornioni, si scambiavano idee, pensieri e parole.

Jorge Vacca, in arte Punto Y Branca, con sigaretta, sciarpa e baschetto, tra l’artistico e il rivoluzionario, ha vissuto tante vite proprio come il suo copricapo.

La prima vita in Argentina, da ragazzo durante la dittatura quando era sufficiente camminare per strada “per ritrovarsi a terra con un mitra puntato al collo”; la seconda in Italia nel settore dei fumetti della controcultura da cui proveniva; la terza vita in giro per il mondo a suonare tango che è diventato da anni il suo mestiere. Le sue scelte musicali sono sempre ben calibrate a seconda del luogo, dei tangueri presenti, del giorno e dell’atmosfera che si genera; spaziano nelle varie decadi e negli stili, mai scontate o ripetitive. Sappiamo solo che a un certo punto della serata ci regalerà una meravigliosa Chacarera che vedrà uomini e donne trasformarsi in dame e cavalieri in una danza di corteggiamento degli anni 1840-1850.

I suoi genitori erano ballerini di tango e da piccolo ne ascoltava la musica per intere giornate, senza tralasciare Beatles e Rolling Stones!

Il mondo del tango e quello del fumetto gli appartengono in una condivisione di valori molto stretta. Entrambi nascono ai margini, sono inclusivi, sensibili al diverso, due linguaggi viscerali, uno comunica con le immagini e l’altro col corpo; underground, controcultura, costituiscono un momento di riflessione e di svago, raccontando storie brevi ma potenti.

Tutto torna nella vita di Jorge, anche il suo nome d’arte che unisce Italia e Argentina in unico sorso! Torna anche il suo imminente progetto in uscita a fine mese, come direttore di una nuova rivista on line di tango dal titolo decisamente milonguero con la quale abbinerà finalmente le sue due grandi passioni.

“A me il tango non manca, ce l’ho dentro, sono nato col tango, non lo vivo come un esilio, mi manca il lavoro, quello sì! Anche viaggiare, così tanto come facevo prima, non lo rimpiango, ero più in treno o in aereo che in casa mia, ho sempre viaggiato, ho girato tanto. Mi manca l’aspetto economico del mio viaggiare. Per il resto oggi guardo le piccole cose, rifletto e faccio progetti nuovi, come la rivista in uscita e la mostra dedicata a Miguel Ángel Martín, definito dal Time “il miglior disegnatore europeo”. Per quanto riguarda l’esilio riferito al tango…non lo sento così. L’esilio vero è essere costretti a cambiare tutto, sradicare la tua cultura, ricominciare da zero, parlare per forza una nuova lingua, cambiare abitudini…certo può mancare la socializzazione che questo ballo favoriva, ma spero che la gente in questo momento di fermo si stia prendendo cura di sé e stia riflettendo.

Anche il mondo del tango dovrebbe riflettere su come era ormai gestito, era esagerato, un po’ malato, troppe milongue, tanta mediocrità; era arrivato a un punto dove valeva tutto, chiunque faceva, chiunque improvvisava! C’era troppa frammentazione. Per un altro verso era a volte diventato elitario, con maratonas y encuentros solo su invito, non è questo il tango!

Dovrebbe davvero cambiare tutto.

Questa è una pausa forzata, certamente, ma sana per il tango. Spero che si possa imparare il valore della sua cultura e perché no…anche a ballare meglio! Questo spazio grigio che stiamo vivendo oggi, impedisce la visione, c’è tanta incertezza esistenziale, c’è paura e non ci sono segnali differenti, non ci sono evidenze che facciano vedere le basi di un qualcosa che possa essere un nuovo pensiero. Come nella visione distopica del mondo del fumetto, ci sono altri segnali molto forti che indicano ben altro. Non sono molto fiducioso, la politica, le grandi imprese…sta uscendo il lato oscuro della natura umana, così ben immaginato nel bianconero delle vignette che pubblicavo come editore…non c’è una rivoluzione, nemmeno in sogno!”

Mette quasi timore e imbarazzo chiedere al Re della Gotan Night, la serata di tango contemporaneo da lui inventata nel lontano 2001, quale sia il suo tango preferito!

Ma la sorpresa è grande, almeno per me che amo così tanto questo brano da averlo come sveglia tutte le mattine:

“A Evaristo Carriego” di Osvaldo Pugliese.

Quando Jorge pronuncia questo titolo, immediato, senza alcun indugio, quasi sottovoce e con una sorta di riverenza, si sente dal telefono come se gli si aprisse il cuore e finalmente vedesse grandi orizzonti:

“È un brano intenso, che ti porta a più livelli emozionali, ogni volta è sempre diverso!”

E noi lo ascoltiamo, in silenzio, proprio nella versione originale di Osvaldo Pugliese, un po’ sospesi tra equilibrio e follia!

Un caro abbraccio e siate felici!

https://www.youtube.com/watch?v=UTD3ntFNx0w

 Bibliografia:

Vittoria Maggio, A Evaristo Carriego, ottobre 2016

https://www.dancehallnews.it/tango-a-evaristo-carriego-sospeso-tra-equilibrio-e-follia/

Crediti fotografici: Marcelo Di Rienzo

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