Dieci motivi che rendono il Trittico Balanchine Robbins indimenticabile alla Scala

Theme and Variations, Dances at a Gathering e The Concert

di Nives Canetti
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La brillantezza, il virtuosismo e il fascino russo di Theme and Variation

Nessuno come George Balanchine è riuscito a ricreare la grandiosità del balletto russo, si pensi anche a Diamond, pur rielaborandolo secondo canoni moderni, con i suoi off balance e le sue velocità incredibili. Theme and Variations, in simbiosi con la musica del quarto movimento della Suite n°3 di Čajkovskij composta da dodici variazioni sul tema iniziale, è l’apoteosi di tutto ciò, uno show off di precisione matematica millimetrica, simmetrie e virtuosismo stellare.

Due cast diversi: la regalità di Nicoletta Manni e l’estro vivace di Alice Mariani.

Abbiamo visto i primi due cast della programmazione. Se da un lato Nicoletta Manni è étoile dai movimenti ampi molto regali, magistrale nel passo a due centrale con Timofej Andrijashenko, bellissimo ed elegante danseur noble, dall’altro Alice Mariani è stata strepitosa con tutto il brio e la velocità che richiedono gli allegri di Balanchine. Mattia Semperboni, accanto alla Mariani, ha mostrato una delle sue migliori esibizioni sul palco scaligero, in perfetto stile Balanchine senza la minima sbavatura, tecnicamente ineccepibile morbido e scattante.

Il Corpo di Ballo della Scala

Lo diciamo da tempo: il Corpo di Ballo scaligero conferma di essere a livelli  altissimi anche in questa occasione dove ha dimostrato una brillantezza unica con geometrie pulitissime, stile balanchiniano impeccabile sia tra le file che nelle parti solistiche. Belli e di effetto i nuovi costumi dai colori pastello tipici della firma di Luisa Spinatelli.

L’atmosfera rarefatta ed intima di Dances at a Gathering

Per la prima volta alla Scala, il capolavoro di Jerôme Robbins ha incantato la platea con la sua interpretazione intima di 18 brani di Fryderyk Chopin. Qui non c’è alcuno “show off” come in Balanchine, dove tutto è ballato per il pubblico: qui le cinque coppie di ballerini ballano tra di loro e per sè stessi, in un’atmosfera intima e rarefatta dove la tensione degli sguardi e la naturalezza dei comportamenti e dei movimenti deve essere mantenuta sempre. Una danza estremamente musicale e spontanea, così compenetrata nella musica di Chopin che in certi punti non potresti immaginare altri passi se non quelli che stanno ballando in scena.

Ricco di particolari da cogliere, Dances at a Gathering si basa sul senso di comunità espressa dalle varie situazioni tra gli interpreti, romantiche, allegre, melanconiche o impertinenti, e che culmina nella scena finale dove per la prima volta i dieci ballerini sono in scena contemporaneamente. Tutto si ferma, e sull’unico Notturno del programma, il Brown Boy tocca il palcoscenico quasi a ringraziare il luogo del raduno, del gathering appunto: poi le ragazze e i ragazzi si separano e si inchinano gli uni di fronte agli altri, tra di loro, mai verso il pubblico. Forse questo gioco di relazioni sulla musica di Chopin che in effetti dura più di un’ora può risultare un po’ lungo per un pubblico non abituato ai balletti senza trama: resta il fatto che l’idea di Robbins è talmente originale che se ne percepisce subito la portata di modernità e il valore altissimo.

La verve del suo folclore slavo

Un’impronta molto personale dello stile di Robbins in questo balletto è il continuo richiamo al folclore delle danze slave. Dances at a Gathering è per lo più coreografato su Mazurke di Chopin e l’aver mantenuto in coreografia la vivacità, la postura baldanzosa e la presenza scenica della danza di carattere è un colpo di genio. Per questo ora alla Scala sarebbe bello vedere anche Other Dances.

Il Brown Boy di Claudio Coviello

Di particolare charme è stata la poesia pura del Brown Boy di Claudio Coviello sulla Mazurka op.63 n°3. Coviello ha reso palpabile la malinconia, il mood pensieroso e sognante, la corsa affannata a ricercare qualcosa, chissà che cosa. Una danza fluida la sua, con i giusti accenti e respiri, grande artista. Ma sono stati bravi tutti, ognuno per motivi diversi come è giusto che sia: Timofej Andrijanshenko Purple, vivace e un po’ sbruffone, Alice Mariani Apricot, sempre un’esplosione di vita, Mattia Semperboni Brick suo partner brillante, Martina Arduino Mauve, melanconica e elegante, Linda Giubelli Green Girl piena di carattere, Nicoletta Manni Pink romantica e piena di slanci, Darius Gramada Green Boy che ancora una volta ha dimostrato una grande presenza scenica, Asia Matteazzi Blue molto giovane ma perfettamente all’altezza di condividere la scena con due prime ballerine e un’étoile, Christian Fagetti Blue Boy di grande fascino.

I tempi comici e la teatralità di The Concert

Ero arrivata un po’ sospettosa perché temo che i balletti comici deraglino nella mera parodia (con l’eccezione delle creazioni irresistibili di Jiri Kylian). Ma nulla come la commedia va vista dal vivo, va respirata, va vissuta con i protagonisti. E  fin dall’entrata “trionfale” del pianista in scena e dall’impertinente e geniale utilizzo della “sacra” Berceuse di Chopin per fare da accompagnamento ad una serie di situazioni esilaranti, Robbins riesce a fare di The Concert  un gioiello di teatro puro, un divertissement comicissimo, elegante, intelligente e soprattutto visionario. Gli interpreti scaligeri hanno avuto i tempi comici ideali: mi sovviene il farfallone (di nome e di fatto) Husband di Marco Agostino stile Groucho Marx e la sua Wife, Marta Gerani. stizzosa e gelosa, le ballerine del Mistake Waltz con Antonella Albano e i suoi occhiali improbabili, e lo Shy Boy impacciato e buffissimo di Alessandro Paoloni.

La ballerina di Caterina Bianchi

E in tutto questo circo di pazzi fra cappelli azzurri, ombrelli , fanfare e farfalle emerge la Ballerina di Caterina Bianchi, interprete dalle espressioni irresistibili e insospettabili soprattutto dopo averla vista ballare un’ ora prima Theme and Variations tra le soliste, e men che meno se la si ricorda quando ne ballava il ruolo principale principale al tempo degli spettacoli dell’Accademia. È stata una brillante amante di Lescaut nell’ultima Manon, ma ora questa sua verve ed eleganza interpretativa si conferma in the Concert.

Chopin by Leonardo Pierdomenico

Ad affrontare un muro di difficoltà chopiniane prima in buca e poi sul palco, vediamo Leonardo Pierdomenico, concertista di grande valore con una importante carriera internazionale, dal pianismo intenso, elegante e senza fronzoli totalmente in simbiosi con quello che succede in scena. E in effetti ha dimostrato anche un bel senso della commedia vista la sua presenza scenica in The Concert quando l’istinto omicida dei pianisti nei confronti dei ballerini si concretizza nel rincorrerli per il palcoscenico con una retina gigante.

E il decimo motivo?

Forse il più importante, ovvero la combinazione di questi tre titoli in una serata unica: tre balletti così diversi fra loro, capolavori nel rispettivo genere, capisaldi della Danza americana talmente ricchi di particolari che se ne esce con molti spunti di riflessione e gli occhi pieni di tanta meravigliosa danza. Grazie quindi alla Direzione del Ballo di Manuel Legris per aver riportato alla Scala Balanchine e aver fatto scoprire a tanti il genio teatrale di Jerôme Robbins. E un grazie speciale a Patricia Neary, a Ben Huys e a Jean-Pierre Frohlich, ripetitori preziosissimi dei lavori dei massimi coreografi americcani.

Foto di scena: Brescia e Amisano/Teatro alla Scala

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