“Danza con me” e non con altri

La recensione dello show andato in onda su Rai Uno

di Nives Canetti
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Mai come stavolta titolo fu più adatto allo show di Roberto Bolle ormai immancabile a Capodanno. Ha ballato con lui infatti un nutrito gruppo tra le migliori ballerine in circolazione a partire dalla stella Marianela Nuñez, poi Fumi Kaneko, Yasmine Nagdhi e Melissa Hamilton del Royal Ballet, Maria Eichwald da Stoccarda per poi arrivare alle scaligere Nicoletta Manni e Virna Toppi.

Bolle a 47 anni resta un maestro del partnering, e capitalizzando su un fisico incredibile si concentra su assoli moderni piuttosto televisivi in cui l’interpretazione e il fraseggio dovrebbero sopperire alla mancanza di tecnica della coreografia, come riscontrato nell’intenso omaggio ad Ezio Bosso di Patrick De Bana di forte impatto emozionale.

La danza maschile peraltro non è pervenuta, se non quella di Bolle. Le presenze maschili, oltre a quella improbabile di Elio avatar con la panzetta che osannerò finché campo (cit.“io ballo caro Bolle e ballo anche bene, certamente non come te che vai in giro a vantartene”: standing ovation), sono state Mick Zeni come comparsa, Toon Lobach di NDT nel passo a tre di SenTieri (che mi ha fatto un po’ rimpiangere gli accenti decisi e le dinamiche fluide dell’interpretazione del trio scaligero Risso, Vassallo e Fagetti), e Joshua Thake dei Trockadero, un cigno terribilmente struggente anche nella sua apparente comicità. In effetti, un po’ pochine.

D’altro canto i passi a due che sono stati inseriti nello show erano originali, poco noti all’audience di una trasmissione generalista e non solo, e hanno contribuito ad un’infarinatura sul mondo della Danza che certamente male non fa. Thaïs di Petit con la raffinatezza di Maria Eichwald, Spring Waters di Messerer con la freschezza di Fumi Kaneko,  Cinderella di Nureyev con la bellezza di Virna Toppi (mi mancavano i tacchi di Guillem all’inizio), la Vedova Allegra con una sognante Nuñez, Infra di McGregor con una Melissa Hamilton sempre più flessibile sono certamente pezzi che si vedono poco ed è bello che vengano portati in televisione. Un grande classico come il passo a due della Bella Addormentata poi non poteva mancare.

Onegin invece purtroppo si perde estrapolato com’è dal suo contesto in questo avvicendarsi di brani senza un definito fil rouge, mentre Diana e Atteone ha senso se il passo a due è completo con assoli e coda, altrimenti resta poco incisivo.

In un quadro molto X-Factor style dominato da Dargen D’Amico, è stato un peccato relegare Nicoletta Manni in un ruolo da fouettés e spaccate, oltretutto illuminata male: si sarebbe meritata uno spazio molto più valorizzante.

Ma non voglio essere una guastafeste e certamente sono io che fatico a capire le logiche che stanno alla base di uno spettacolo divulgativo di successo che probabilmente deve essere generalistico per poter arrivare a tutti: sono ancora rimasta a Paolo Grassi che riempiva i teatri con arte anche difficile ma tenuta ad alti livelli.

Alla fine l’importante è che la Danza ne sia uscita bene e che non si debba aspettare il prossimo capodanno per vederla su Raiuno in prima serata. E ci auguriamo anche tutti che gli appelli per l’apertura di nuovi corpi di ballo negli enti lirici siano più ascoltati dopo tanta rilevanza in tv e che il pubblico riempia le platee degli spettacoli di Danza (magari anche in assenza della superstar Roberto Bolle).

Vedremo, intanto buon 2023 di Danza a tutti.

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