…che con la danza abbia inizio il nuovo anno! Buon 2017 da Dance Hall News.

di Lia Courrier
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Le feste di Natale portano con sé tante piccole abitudini che rimangono nel cuore e che si fa fatica ad abbandonare da adulti, perché riguardano gli anni felici dell’infanzia, quando il Natale era ancora una bella festa piena di sorprese, di tremori e di speranze. Almeno fino a quando scoprivi che Babbo Natale non esiste e che comunque avresti dovuto inviare la letterina a Gesù bambino a Gerusalemme e non al vecchio in Lapponia, perché questa è stata la tradizione nel nostro paese fino all’arrivo delle truppe americane che ci hanno portato l’albero e hanno trasformato san Nicola in un opulento signore vestito di rosso, che non si sa proprio come faccia a passare attraverso il camino senza restaci incastrato dentro.

Una delle abitudini in casa, da piccola, era guardare il concerto di capodanno di Vienna, con la filarmonica impegnata a darci dentro con l’intera produzione della dinastia degli Strauss, fino all’apoteosi rappresentata dalla marcia Radetzky, in cui il direttore di turno dirige il pubblico a battere le mani a tempo. Questo evento, trasmesso in eurovisione, univa le passioni presenti nella mia famiglia: quella per la musica di mio padre e quella per la danza, mia, dal momento che ogni anno era prevista la partecipazione dei ballerini dello staatsoper che danzavano alcuni brani muovendosi leggiadri ed elegantemente vestiti. Alcune volte persino i piccoli allievi dell’accademia si esibivano in questa occasione, e mi sembravano proprio bellissimi. Così io restavo incollata allo schermo e poi passavo tutto il pomeriggio a sgambettare nel tentativo di imitarli, sognando di essere un giorno anche io così brava da apparire in un simile prestigioso evento.

Ancora guardo quel concerto, sebbene con gli occhi di oggi mi sembrino dei matti esaltati a divertirsi così tanto nel battere tutti le mani a tempo come delle scimmiette ammaestrate, e poi trovo la musica degli Strauss più adatta per un ballo delle debuttanti che per un concerto, ma tant’è che non resisto: ogni primo di gennaio alla fine mi ritrovo davanti al concerto, accompagnato da quella voce femminile, così istituzionale e garrula che, in italiano, racconta piccoli aneddoti della vita degli Strauss, aprendo un immaginario su quanto dovessero essere noiosi e oltremodo stucchevoli, esattamente come i loro waltzer.

Sull’onda di questo evento, qualche volta capitava di esibirsi anche qui in teatro durante un concerto, nel giorno di capodanno. Una situazione, nel migliore dei casi, molto lontana dal lusso tutto ricoperto di oro della sala viennese, a cui hanno accesso solo elegantoni di alto lignaggio, e solo se in grado di battere le mani a tempo. Credo facciano delle audizioni apposta, per non mettere alla prova l’orecchio assoluto del direttore d’orchestra e dei professori con qualche battito fuori posto. Non sia mai.

Lavorare nel primo giorno dell’anno sul palcoscenico è davvero un’esperienza in qualche modo folle, ma da fare almeno una volta nella vita. Soprattutto ci sono due modi di viverla: da sobri o da sfatti.

I concerti a cui ho ballato io si svolgevano a metà mattinata, esattamente come quello di Vienna, per questo la sera prima non potevi festeggiare come tutti, mangiando al cenone e bevendo spumante diteggiando sulla cartella della tombola, nel lanciare fagioli a destra e a manca. Eh no, perché la prova costume era già stata fatta settimane prima (normalmente si trattava di indicibili, immense gonne tutto tulle con fiocchi e fiori in testa, che ti facevano sembrare più una torta nuziale a tre piani) e quindi se la sera prima ti eri scofanata tutte le lenticchie e i panettoni a quattro palmenti, hai voglia di chiuderti il costume senza scoppiare! Scene tipo via col vento con Miss Rossella attaccata al baldacchino del letto mentre da dietro Mami cerca di strizzarla come un salame: più stretto! Più stretto! E puoi dire addio ai port de bras, perché l’unico movimento che sarai in grado di fare dopo è quello di Barbie ballerina: rigida come un palo.

Se poi hai anche innaffiato il tutto con le bollicine è la fine: non riuscirai neanche a centrare la quinta per entrare in scena, avanzando barcollante nel tentativo di respirare dentro al costume e contemporaneamente mantenere uno straccio di dignità. Tuttavia, anche se hai fatto la mistica della danza, partecipando a feste e cenoni senza oltraggiare l’apparato digerente, quantomeno avrai atteso il countdown e il successivo trenino in giro per la casa (almeno questo), mentre fuori l’impazzare dei botti e i fuochi d’artificio celebrano questo rito propiziatorio, odioso e idiota, di salutare il nuovo anno, quindi come minimo sarai andata a letto a mattina inoltrata….sei riuscita a dormire quattro, cinque ore? Uh! Ma ce ne metterai almeno sei solo di trucco per nascondere i cestini omaggio che hai sotto agli occhi, color Barolo e gonfi come le palle di vetro dell’albero di natale.

Quando ti rechi in teatro al mattino, in giro pare il deserto dei tartari, un silenzio totale e l’unica presenza in giro sono le vecchie lavatrici e i frigoriferi che qualcuno ha lanciato fuori dalla finestra in preda al delirio. Ti chiedi se qualcuno verrà mai a sentire un concerto, dal momento che la maggior parte di loro il concerto lo sta già facendo in camera da letto, russando sonoramente. Se ti fermi in piazza li puoi anche sentire….altro che Radetzky! Non si sa come e perché, ma la magia del teatro funziona sempre e alla fine tutto va come deve andare: il pubblico è seduto in sala, la musica comincia, il corpo risponde, la quinta è centrata, il costume non esplode e alla fine è con la danza che cominci il nuovo anno: cosa chiedere di più?

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