Cannes – Festival della Danza 2015: il Balletto dell’Opéra di Lione danza Kyli´an.

di Ophelie Lounget
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Sotto la direzione artistica di Brigitte Lefèvre, ex direttrice dell’Opéra di Parigi, questo Festival ha avuto stato un grande successo, sia per la qualità delle compagnie invitate, sia per l’importante partecipazione di pubblico.

Il 28 novembre, presso il Palazzo dei Festival di Cannes, il Balletto dell’Opéra di Lione, diretto da Yorgos Loukos, ha presentato una serata dedicata a un maestro della coreografia contemporanea, Jirí Kyliàn, e ha interpretato tali lavori con eleganza e una bella omogeneità.

La prima coreografia, Bella Figura (1995), è uno dei gioielli della storia della danza, una sconvolgente liturgia che mostra la magia dell’illusione teatrale, che fonde ciò che è reale e ciò che non lo è, al punto che non si può dire dove cominci davvero la rappresentazione. Teatro nel teatro, gli esseri in carne ed ossa si mescolano e si scambiano nei duetti, nei trii, nelle diverse figure dell’amore, dall’attrazione al possesso, dal dominio alla condivisione riconciliata. Gesti cesellati, rapidi, intensi, di una purezza, di una sensualità e di un’insolente libertà che costituiscono tutta la bellezza di questa pièce. Un’ode alla vita.

Heart’s Labyrinth (1984) è una composizione malinconica, ispirata dal suicidio di una delle danzatrici del Nederlands Dans Theater. È dunque una coreografia piena di dolore, di emozioni, di ripiegamenti in cui il dispiacere diventa uno spazio infinito, che da solo popola l’assenza. Questo labirinto del cuore esplora «la catena senza fine dei sentimenti umani, le sottili sfumature della loro disposizione e le loro infinite combinazioni».

27’52 (2002) è una partitura composta appositamente da Dirk Haubrich, un’opera più moderna. Kylián utilizza effetti quasi cinematografici, con dei rallentati sulla gestualità che sembrano essere ritagliati all’interno della scena, gioca con le ombre dei danzatori o con una quinta scenografica. Si ritrovano qui i temi prediletti dal coreografo: la difficoltà della coppia, legata a una certa forma di “solitudine ultramoderna”, come anche quel gesto preciso, sensuale, che costituisce la sua firma.

Traduzione di Giada Feraudo

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