Andrea Zardi: “Fuori tempo massimo”

di DANCE HALL NEWS
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Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell’altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire.

A.Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXI

Sono lavoratori e lavoratrici [dello spettacolo, ndr] come tutti gli altri che svolgono una funzione fondamentale per la Repubblica, e in particolare in momenti come questi: quegli strumenti culturali sono quelli che ci servono per rimanere comunità, per esserlo ancora di più, per affrontare le paure, le debolezze, le fragilità. Ed è proprio a questi lavoratori e a queste lavoratrici noi oggi, contestualmente a questa scelta drammatica di chiudere i loro posti di lavoro, dobbiamo dire che la Repubblica non li abbandonerà”.

Queste sono state le parole del Senatore Roberto Rampi, alla vigilia della ratifica DCPM 4 marzo 2020 in cui sono state disposte le misure urgenti di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Disposizioni che hanno inferto l’ultima staffilata al già massacrato mondo dello spettacolo teatrale e cinematografico.

Il 25 febbraio Cr.E.S.Co, Agis e Federvivo richiesero al MIBACT lo stato di crisi attraverso una lettera ufficiale all’attenzione dell’On. Dario Franceschini. Le misure di tutela previste dall’art. 19 del CCNL sono efficaci per i lavoratori con contratto subordinato, ma non considerano il grande numero di artisti che lavorano autonomamente e con contratti di prestazione occasionale o sportiva.

La regione Emilia Romagna è stata la prima – ça va sans dire – ad attivarsi attraverso l’organismo sindacale SLC CGIL, con la finalità di monitorare lo stato della crisi e attivare una serie di ammortizzatori per i lavoratori dello spettacolo.
In Lombardia i danni accertati rilevano 18,3 milioni di euro di mancati introiti, di cui 11,3 per i teatri senza considerare piccole associazioni e imprese teatrali; solo nella prima settimana di limitazioni per questa emergenza Agis/Federvivo hanno evidenziato 10 milioni di euro in perdite (dati aggiornati al 10 marzo).

Il 17 marzo il Consiglio dei Ministri n° 37 ha diffuso il decreto Curaitalia, in cui si profilano alcune misure straordinarie che contemplano anche il settore dello spettacolo: tutele e ammortizzatori sociali, sospensione dei contributi previdenziali e assistenziali, delle ritenute e un fondo emergenza di 130 milioni di euro. Fa riflettere il passaggio per cui: “Ai lavoratori iscritti al Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo fondo, cui deriva un reddito non superiore ai 50.000 euro, e non titolari di pensione, è riconosciuta un’indennità per il mese di Marzo pari a 600 euro.” (art. 38)

Misure sicuramente apprezzabili nella contingenza, che tengono conto del fatto che gli artisti lavorano con differenti tipologie di inquadramento contrattuale. Sono stati contemplati anche i collaboratori sportivi (art.96) e i possessori di partite iva. Anche per i lavoratori subordinati sono state attivate le casse in deroga a livello nazionale.
Gli artisti ovviamente hanno attivato una serie di iniziative – attraverso Facebook (CCNL Lavoratori dello spettacolo)– che hanno portato le istanze degli artisti nei luoghi del potere, con risultati notevoli e una maggiore identificazione nel “settore spettacolo”, con un occhio di riguardo al comparto coreutico: in particolare Valeria Russo e Manolo Perazzi, danzatori freelance, hanno lavorato in sodalizio con SLC CGIL nazionale e con il gruppo “Vita d’artista” di Luisa Baldinetti.

Pompei crolla perché piove

A costo di essere tacciato di pedanteria, pare giusto rilevare che questa drammatica crisi ha scoperchiato il vaso di Pandora che a ben pochi – artisti inclusi – era chiaro: lo spettacolo dal vivo rischia un collasso irrecuperabile perché minato da decenni di tagli spregiudicati e normative scellerate. A cominciare dalla circolare 105 del 5/08/2011 che abolì il sussidio di disoccupazione per molte categorie artistiche, attraverso una sentenza della Corte di Cassazione, attraverso l’agonia dei corpi di ballo (ricordiamo i casi Arena di Verona e Maggio Fiorentino nel periodo in cui l’ex- étoile Carla Fracci ha partecipato a 12 sessioni di riunione su 42, vincendo il titolo di maggior assenteista dalle fonti de Il Giornale e La Repubblica), fino ad arrivare alla decrescita infelice inflitta dalla legge 175/2017, sempre per merito del ministero Franceschini. Tutto ciò si inserisce in un percorso lungo decenni costellato di tagli, distribuzioni imparziali ed emendamenti discutibili (Teatro Eliseo).

“Danza con me” … gratis? 

Il desiderio più grande è di non dover più leggere frasi come “l’Italia non sostiene la cultura”, riportate sui rotocalchi – una volta l’anno – da eminenti personalità dello spettacolo: una litania vittimista e consolatoria – fuori tempo massimo – in un momento così delicato dove veramente il nostro mestiere ci chiede di essere comunità viva e combattente, unita e compatta e in cui il silenzio di certe personalità risulta assordante (e vagamente opportunista, fino al prossimo show in prima serata).  Toccherà a noi riprenderci il pubblico, mondarlo dal terrorismo e dall’angoscia di queste settimane e farlo tornare unito in uno stesso spazio per ricreare quella sintonia che è così indispensabile per la sopravvivenza della nostra umanità. Toccherà anche a noi ricordarci di chi ha sostenuto la causa, fatto sentire la propria voce con ogni mezzo a propria disposizione e – soprattutto – di chi ha messo da parte l’interesse personale a favore di quello della collettività.

This is how artists should be—we should be creators and also teach the public how to be creators, how to make art, so that we may all use that art together. A. Boal, 1992

Il decreto legge 2 marzo 2020, n° 9 contenente le “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” non citava nemmeno una volta il termine “spettacolo”, e ancora una volta deve essere la Fondazione Centro Studi DOC a pubblicare un appello e a chiedere garanzie per la tutela del settore.

Infonde ancora più perplessità la prima risicata dichiarazione del Ministro Franceschini attraverso il suo profilo Twitter:
“Da oggi in tutta Italia saranno chiusi cinema, teatri, concerti, musei. Una scelta necessaria e dolorosa. Ma la cultura può arrivare nelle case. Chiedo alle tv di programmare musica, teatro, cinema, arte e a tutti gli operatori culturali di usare al massimo i loro social e siti”.
Noi già utilizziamo al massimo i social, i siti, gli strumenti telematici di diffusione culturale (alla faccia di una certa delegittimazione critica di settore, ormai sulla via del tramonto). Lo facciamo da anni, da sempre. Da molto tempo progettiamo, inventiamo, elaboriamo piani triennali ingegneristici per “far arrivare la cultura nelle case”. Da anni chiediamo che la televisione pubblica si adopri a programmare la danza, il teatro e la musica in maniera massiccia e non relegandole a qualche stantio talent show soft – porn o ad una serata mainstream di Capodanno.
Tadeusz Kantor nel 1979 scriveva:
“Non si contempla una pièce di teatro! Ci si assume una grossa responsabilità entrando a teatro. Non ci si può ritirare. Ci attendono delle peripezie alle quali non possiamo fuggire. […] Lo scopo non è creare sulla scena l’illusione (lontana, senza pericolo), ma una realtà concreta quanto la sala. Il dramma sulla scena non deve “consumarsi”, ma “divenire”, svilupparsi, sotto gli occhi dello spettatore”.

Di nuovo, fuori tempo massimo per una lezione di sopravvivenza.

Andrea Zardi

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