Accademia Teatro alla Scala: inchino al talento

di Beatrice Micalizzi
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L’Accademia Teatro alla Scala, sotto la magistrale direzione di Frédéric Olivieri, si riconferma fucina di talenti, dove giovanissimi dotati vengono forgiati per diventare un domani professionisti e primi ballerini.

La seconda rappresentazione dello spettacolo della scuola di ballo, diretta del maestro David Coleman, è andata in scena lo scorso 13 Giugno, ed è stato un vero successo, l’ennesimo che non fa altro che accrescerne il prestigio.

In apertura, la ormai celebre Presentation, momento dove poter ammirare l’evoluzione da piccoli allievi a giovani danzatori pronti per i più importanti palcoscenici internazionali. Una vera parata dove a sfilare sono, uno dopo l’altro, i corsi accademici in ordine crescente, dando un saggio della tecnica fino a quel momento acquisita. Olivieri ha ideato personalmente la ricca coreografia di quest’anno, pensata sulle melodie di Etudes di Carl Czerny che hanno accompagnato i movimenti e le sequenze, in un crescendo entusiasmante. L’inchino di rito, eseguito da ogni corso, conclude questo primo brano.

Segue uno dei capolavori della coreografia, firmato dall’immenso Maurice Béjart, per la ripresa di Piotr Nardelli: La luna, brano già portato sul palco del Piermarini lo scorso anno, e nuovamente eseguito dall’incantevole, per linee e gusto, Martina della Mora, neodiplomata, che ha la rara e potente dote di catalizzare l’attenzione, generando un’atmosfera surreale dove nulla esiste al di là del suo movimento, squisitamente continuo e incessante. L’assolo nasce dal genio bejartiano per Luciana Savignano, sulle note del Concerto per violino di Bach, nel contesto di Heliogabale.

Chiude il primo tempo un componimento del tutto innovativo e che si fonda su una ricerca di movimento differente dal consueto studio della danza accademica classica. Si tratta di Un ballo di Jiri Kyliàn, su musiche di Murice Ravel, ripreso da Shirley Esseboom e Yvan Dubreuil. La coreografia si inserisce in un contesto spoglio, connotato soltanto da lumi di candele in fila in contrasto con i colori scuri e cupi degli abiti dei danzatori. La sequenza si basa interamente sulla coppia e sul movimento che scaturisce da due corpi e dalla loro unione nella danza. Di grande impatto scenico le gonne delle ballerine, ampie e lunghe, che avvolgono non solo la donna ma anche l’uomo creando un effetto di totalità.

Il secondo tempo è un omaggio al grande George Balanchine, con Tarantella e Theme and Variations, due brani molto lontani tra loro e che dimostrano solo una piccola parte del vastissimo e variegato mondo balanchiniano, qui ripresi entrambi da Patricia Neary.

Tarantella, incalzante e spiritoso, diverte il pubblico. I scena, due allievi si dimostrano all’altezza di questo insidioso brano, il quale richiede precisione tecnica e velocità esecutiva. Prima insieme poi in alternanza, i due giovani si cimentano in questo entusiasmante momento coreografico, meno “corale” di quello che ci si può aspettare da un ballo ispirato alla tradizione partenopea per la presenza di soli due ballerini in scena, ma ad ogni modo piacevole e brioso.

La serata si chiude con Theme and Variations, brano che richiama il balletto classico e il rigore tecnico proprio della danza accademica, rispecchiato anche dalla sontuosità dei tutù indossati dalle ballerine e dalla regalità che ha contraddistinto in generale l’esibizione. I due allievi interpreti dei ruoli principali si sono pienamente meritati le lodi del pubblico, il quale non si è risparmiato nel riconoscere a tutti gli allievi il loro successo.

Come ogni anno, all’uscita il pensiero va al prossimo spettacolo e al piacere di assistervi. 

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