Artichoke formazione danza ricerca: la danza contemporanea ha un cuore

di Lia Courrier
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La creazione coreografica contemporanea è in continua evoluzione.

Se guardiamo alla scena internazionale, è evidente che stiamo vivendo un momento importante in cui qualcosa di nuovo si sta affacciando nell’ambito del movimento danzato, dal punto di vista concettuale, performativo e formativo. Nuovi approcci nascono un po’ ovunque, proponendo percorsi più organici e naturali per ottenere un corpo capace di esprimersi liberamente nel pieno delle sue potenzialità, complici le nuove scoperte  provenienti dalla fisiologia, che svelano i più intimi meccanismi di movimento del corpo, con un accento forte posto sull’aspetto autoriale del mestiere del danzatore. Trascorsa l’era che vedeva il danzatore come strumento nelle mani del coreografo, infatti, per poter lavorare nell’ambito performativo contemporaneo, è necessario essere anche autori di sé stessi,  ed è proprio in risposta a questa esigenza che si sono sviluppati nuovi metodi che permettono ai danzatori di cercare la propria personale qualità di movimento all’interno di sé e del proprio corpo, attraverso la ricerca, la consapevolezza e la conoscenza dello strumento. Tutto questo senza ovviamente dimenticare l’aspetto teatrale e drammaturgico, nel senso più ampio del termine, sempre presente  in questo tipo di indagine.

In Europa esistono diverse scuole che si occupano di questo, progetti formativi di alta qualità, concentrati esclusivamente sulla ricerca del movimento e sullo sviluppo di strumenti utili al danzatore, ma nel nostro paese la danza contemporanea è un po’ come l’altro lato della Luna: nessuno riesce a vederlo né a sapere esattamente com’è fatto. Non c’è una vera attenzione nei riguardi del linguaggio contemporaneo, ma piuttosto moltissimi fraintendimenti sulla sua vera identità, forse perché  la tradizione formativa di riferimento in Italia, per quanto riguarda l’arte di Tersicore, è di tutt’altro genere.

Da due anni, però, a Milano esiste una nuova realtà che si chiama Artichoke Formazione Danza Ricerca, che prova ad occupare questo spazio vuoto con un progetto che guarda alle grandi accademie europee come ad esempio Sead o Parts, giusto per citare due delle eccellenze per quanto riguarda la ricerca contemporanea del movimento.  

Artichoke, come si può vedere dal logo, in cui ne compare uno color vinaccia accanto al nome, sta per carciofo:  l’ortaggio dal pungente involucro esterno, ma dal morbido cuore celato all’interno. È  così che le fondatrici di questo progetto hanno voluto rappresentare metaforicamente la danza ed il difficile percorso che intraprende chi la sceglie, che prevede spesso di dover passare attraverso le spine per giungere al cuore delle cose. Ma il nome pare sia stato scelto anche per sdoganare il detto “ti muovi come un carciofo”, poiché la peculiarità specifica dell’individuo e la biodiversità all’interno del gruppo di lavoro sono degli elementi  fondamentali  nel lavoro con gli allievi secondo Artichoke, al punto da essere sicure che anche danzare come un carciofo possa essere una via percorribile per la propria ricerca.

L’ironia non manca di certo in questo progetto dal monte ore di tutto rispetto (quasi 600), che tiene impegnati i giovani danzatori per tutto l’anno accademico, durante il quale seguono lezioni di Aikido e danza, movimento somatico, tecnica release, improvvisazione, composizione, partnering e contact improvisation, floor work ed un programma speciale per la danza classica, studiato appositamente per questo tipo di percorso, con un approfondimento attraverso lo studio dell’anatomia del movimento applicata al balletto. Durante l’anno sono previsti seminari con maestri internazionali che arricchiscono ulteriormente la proposta. L’ampia sezione dedicata alla pratica della danza è accompagnata, ciliegina sulla torta, da una serie di lezioni-conferenze sulla storia della danza contemporanea, in collaborazione con il direttore di Danza&Danza. Artichoke si propone quindi come percorso professionale, rivolto a chi ha già alle spalle esperienze in ambito coreutico. Tra gli allievi dell’anno accademico in corso, infatti, qualcuno è già stato scelto in audizione per  partecipare ad una produzione professionale nell’ambito della danza di ricerca, sebbene continui a seguire le lezioni della formazione durante la prima parte della giornata.

Giunti quasi alla fine della seconda edizione di questo coraggioso e ambizioso progetto,  gli allievi della formazione Artichoke, in queste ultime settimane dell’anno accademico in corso, stanno preparando, sotto la guida registica e coreografica di due insegnanti, Rebecca Pesce e Stefania Trivellin,  la performance di chiusura, già inserita nel calendario degli eventi di Expoincittà.

Lo spettacolo ha un titolo molto particolare: CARGO CULT.

Non si tratta di una specie di gramelot dall’oscuro significato, ma trae ispirazione dal fenomeno del “culto della merce”, il culto degli indigeni per gli oggetti provenienti dalla civiltà occidentale, con cui venivano a contatto attraverso i conquistatori. Loro credevano che questi oggetti provenissero da un Dio, al quale si appellavano creando ritualità religiose, con l’obiettivo di poterne ricevere di continuo, per accedere a un’era di benessere e di felicità.

Nella performance l’oggetto vissuto come portatore di benessere assoluto è andato ben oltre, è centuplicato, invade tutto lo spazio, diventa scarto di una produzione cieca, non se ne riconosce nemmeno più la funzione, esiste solo in quanto ingombro e il corpo non può far altro che adattarsi alla sua presenza.

Ma il corpo stesso ne sarà consapevole?

E come si comporterà quando lo spazio sarà infine liberato?

L’atto di creare un nuovo ordine spaziale sarà il rituale attraverso cui potremo evolverci ad una nuova consapevolezza?

L’argomento scelto per questa edizione dell’Esposizione Internazionale, “nutrire il pianeta”, riguarda anche l’ambiente e la distribuzione dei beni tra la popolazione mondiale: chi ha troppo e chi troppo poco, chi consuma troppo e chi non ha accesso alle risorse. CARGO CULT è in qualche modo la visione di Artichoke formazione danza ricerca a questi argomenti.

L’appuntamento con CARGO CULT è per il 6 di Giugno, per due rappresentazioni: alle 18.00 e poi a seguire alle 19,30. Il luogo prescelto è il DiD Studio di Ariella Vidach, all’interno della Fabbrica del Vapore in via Procaccini 4 a Milano, da anni ormai una vera e propria casa per la danza contemporanea e di ricerca.

L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti, per prenotare potete inviare una mail a [email protected] indicando nome e cognome, quanti posti e a quale delle due performance volete assistere.

Artichoke, oltre a questo importante appuntamento, che potrebbe interessare  tutti gli appassionati di danza,  ha in serbo un calendario fitto di eventi per questa estate milanese, che si prospetta veramente calda e movimentata! Diversi seminari, utili soprattutto per chi volesse partecipare al prossimo ricco anno accademico del progetto formativo, un workshop con Bruno Caverna, e molte altre proposte formative rivolte ai danzatori contemporanei. Per avere un’idea della reale portata di Artichoke formazione danza ricerca, non vi rimane che andare su www.artichokefdr.com, un sito di facile e gradevole navigazione, che  vi svelerà la vera anima di questo progetto, non privo di una ‘pungente’ ironia, nonché tutti i chiarimenti e le informazioni sulle attività a cui potrete partecipare se deciderete di sposare la causa del carciofo.

La danza contemporanea ha un cuore che pulsa a Milano.

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