Lia Courrier: “Immaginare il movimento con gli occhi della mente”

di Lia Courrier
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La danza è sicuramente una pratica olistica. Nel senso che il corpo ne è coinvolto in ogni suo aspetto: materia, mente e anima, in costante interrelazione tra di loro.

Questo è molto importante da ricordare, poiché spesso chi danza, specialmente chi studia danza classica, focalizza quasi tutta la propria attenzione solo sulla struttura, per allenarla, plasmarla, mantenerla sempre pronta a qualsiasi richiesta di movimento gli venga fatta, investendo di troppa importanza la presenza o meno di elementi come il collo del piede, la forma delle gambe, la loro lunghezza, la mobilità della schiena, a discapito di tutto il resto, che però sta alla base della potenza comunicativa del gesto danzato.

Nel mio lavoro quotidiano ho sempre trovato un validissimo aiuto nel sostenere il movimento della struttura-corpo attraverso la visualizzazione. Alcune tecniche somatiche utilizzano la metodologia di immaginare il movimento con gli occhi della mente, prima di realizzarlo fisicamente. Questo procedimento aiuta ad avere maggiore chiarezza ed una organizzazione più intelligente del corpo in movimento nella sua interezza, al momento dell’esecuzione, se prima si è riusciti a visualizzarlo con precisione in ogni fase, inoltre questa attività sposta parte dell’attenzione da una ricerca puramente estetica ad una più profonda, che si muove verso una maggiore consapevolezza.

La visualizzazione del movimento è solo una delle possibilità che utilizzo, ma sapere come questo sia possibile ci aiuta a comprendere in che modo la mente e il corpo comunicano e si sostengono. Spesso suggerisco ai danzatori delle immagini sensoriali, che possono aiutarli a cambiare la qualità e la consistenza del movimento, oppure propongo di visualizzare traiettorie e linee, per ottenere maggiore chiarezza nelle relazioni tra le varie parti del corpo, stimolando la propriocezione e migliorando, per esempio, il mantenimento dell’equilibrio in una posizione o una certa qualità di discesa da un salto.

L’immaginario dietro al movimento è un mondo tutto da scoprire ed è composto da un vasto set di chiavi immaginative, tutte diverse tra loro, ognuna delle quali apre una o più porte. In ogni danzatore sono presenti delle serrature, per le quali non devo far altro che  trovare la chiave giusta. Non esistono passe par tout, ogni serratura ha la sua propria chiave ma la cosa singolare è che nel tempo le serrature cambiano forma, quindi una chiave che non va bene oggi potrebbe invece funzionare alla perfezione tra qualche tempo. A volte prima di poter aprire quella serratura bisogna agire su un’altra, con cui è connessa, oppure può essere sufficiente insistere un pochino perché la porta si apra, ma bisogna fare attenzione a non forzare troppo.

Un lavoro da scassinatori professionisti, insomma.

Sono alla costante ricerca di nuove immagini da aggiungere alla mia collezione, così da poterle provare tutte, lezione dopo lezione, e vedere ogni volta quante e quali porte si lasceranno schiudere. Quando infine una chiave gira bene e fa il suo lavoro, quello che accade mi trasmette proprio la sensazione di un passaggio che viene aperto per lasciare che gli spazi interni del corpo comunichino in modo più diretto, esattamente come quando si aprono le porte di casa per permettere all’aria di circolarvi dentro liberamente, rinfrescando le stanze. Dal momento in cui poi l’immagine diventa esperienza nel corpo del danzatore, quella chiave non è più mia ma si trasforma in un suo personale strumento, da usare ogni volta che serve. Forse cambierà un poco, si adatterà al corpo in cui ha trovato casa, ma è proprio in questo scambio di chiavi che io riconosco uno degli aspetti più interessanti della mia ricerca come formatore, un processo costantemente in atto e in continuo cambiamento.

I danzatori che frequentano le mie classi sono abituati a sentirmi pronunciare le frasi più surreali o evocare immagini che apparentemente nulla hanno a che vedere con la danza: alcuna poetiche, altre più divertenti,  pescate nel quotidiano, va bene qualsiasi cosa possa diventare uno strumento utile per trovare quella qualità soggetto dell’indagine del giorno.

L’immaginario agisce direttamente sul corpo, in modo sottile ma sensibile: la mente visualizza ed il soma risponde a quell’immagine, a quell’idea, adattandosi ad essa. In questo modo riempiamo i movimenti di storie,  private e molto personali, e la danza diventa una drammaturgia segreta del corpo, densa di significato. Mi incanta la bellezza intrinseca di una danza che coinvolge tutto il corpo in ogni suo aspetto.

Non c’è bisogno di altro: basta a se stessa.

Sulla scena come a lezione, il nostro è un corpo che comunica.


ERRATA CORRIGE

Nello scorso numero della rubrica ho parlato di rettilizzazione della colonna vertebrale. Come una collega mi ha fatto gentilmente notare, sebbene tutti noi discendiamo dai rettili, almeno  secondo le varie teorie dell’evoluzione, per la nostra colonna vertebrale si dovrebbe parlare piuttosto di rettilineizzazione. Questo è il termine medico corretto anche se sembra uno scioglilingua. Mi scuso per l’errore.

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