Il colorato mondo danzante dedicato a Hopper

di Miki Olivieri
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I colori velati, spennellati o spruzzati idealmente sulle tele. I colori dei fasci di luce e dei tessuti mossi dai corpi delle danzatrici e dei danzatori. Sono queste le suggestioni che intersecandosi in un’unica idea vengono proposte dal titolo “Hopper Variations”, andato in scena al Museo del Bargello di Firenze il 14 luglio per la 25° edizione del “Florence Dance Festival”. L’interessante incontro-confronto tra pittura e danza con la coreografia originale di Emanuela Tagliavia realizzata per dieci danzatori del corso di Teatrodanza della Milano Teatro Scuola Paolo Grassi, alla ricerca di piccoli universi creativi dove ci si possa misurare con le differenze e i silenzi, dove ogni differenza espressiva ed ogni incontro diano opportunità che lascino una traccia, ispirata al pittore statunitense Edward Hopper, uno spettacolo che propone non solo un viaggio nel percorso artistico del genio americano, ma anche un’avventura tra le esperienze culturali più significative della prima metà del ’900. Discostandosi dagli abusati stilemi del naturalismo, la Tagliavia ha scelto la figurazione simbolico-coreografica per rappresentare la visionarietà di Hopper e l’atmosfera che circondava l’artista, giungendo così anche alla recitazione che, insieme a pittura e danza, costituisce il terzo pilastro espressivo dello spettacolo. La danza della Tagliavia attraverso l’arte di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade, interni di uffici, case e locali; gli spazi rappresentati dai movimenti sono reali ma in essi c’è qualcosa di metafisico che comunica allo spettatore un forte senso di attesa figurata attraverso il colore, l’astensione dalla parola e dal dialogo, infatti la composizione delle coreografie è talora geometrizzante, il gioco delle luci taglienti e i dettagli sintetici. La scena è pressoché deserta e sembra far emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso escono dal confine del quadro, nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede. Particolare spazio le figure femminili come nelle tele del pittore, cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo e i movimenti perduti nel vuoto o nella lettura, si offrono ai raggi del sole trasmettendo inaccessibilità, solitudine, attesa, nel balletto esse appaiono figure da lontano. Una dimensione psicoanalitica che ha permesso di interpretare meglio le emozioni dell’artista anche attraverso la parola recitata. La danza della Tagliavia, con la musica e la pittura, attraverso una fusione nell’armonia a creare una sorta di flusso di energia continuo per far affiorare le più vere ed autentiche possibilità e potenzialità del corpo, nella sua capacità di metamorfosi espressiva lasciandosi ispirare da quei movimenti per trasformare l’immobilità della musica nella fisicità dell’azione, catturando nella suggestione creata dall’azione e dall’espressionismo astratto, dalle tonalità che evocano l’America d’inizio secolo, dall’improvvisazione del gesto creativo mediante il fascino della danza. La performance è composta da quadri distinti e modulari, suggeriti dalle linee geometriche dei quadri del pittore statunitense, dagli interni-esterni, ricomposti ed elaborati attraverso una scenografia fatta di zone di luce e di cupa atmosfera, pannelli scorrevoli che attraversano e a tratti fanno da sipario nello spazio scenico. Superfici come tele in lento movimento, spazi di rigorosa e semplice raffinatezza, costumi evocativi disegnati di colore hanno presentato una compagnia di danza ben preparata, uniforme nell’esecuzione, parafrasando il tema della serata i danzatori sono apparsi “dipinti” con acutezza sia sul versante della tecnica sia dell’interpretazione.

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