Gli allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala risplendono in scena

di Beatrice Micalizzi
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Il sipario si apre e svela il talento, la tecnica, l’impegno, la fatica, l’immensa voglia di danza. Gli allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala hanno senza dubbio incantato per una sera gli occhi del pubblico.

La serata ha inizio con la canonica Présentation, vero defilè dei corsi accademici, che vede impegnati gli allievi, dai più giovani ai diplomandi dell’ottavo corso, in un’esibizione di squisita tecnica e virtuosismo. Concepito dal direttore della Scuola Frédéric Olivieri sul concerto per violini di Bach, questo primo brano si rifà idealmente al programma di studio accademico che accompagna il percorso formativo di un danzatore; dagli esercizi di base, ai primi passaggi di pas de deux, dalle pirouettes ai grandi salti, fino alle combinazioni che richiedono una pressochè perfetta padronanza della tecnica, unita alle doti virtuosistiche che gli allievi più grandi non mancano di mostrare. L’esibizione termina con l’inchino di rito, segno di saluto e gratitudine, eseguito da ogni corso.

L’atmosfera cambia, le luci si spengono e quel che resta è un unico fascio luminoso che va a disegnare una perfetta sagoma bianca; si tratta di un’allieva prossima al diploma, in scena per interpretare La Luna. In accademico bianco, danza la creazione di Maurice Béjart, ancora sulle note di Bach, quella stessa creazione che il maestro ideò un tempo pensando alla splendida Luciana Savignano. Movimenti iconici, entrati di diritto nell’immaginario culturale del pubblico, vengono eseguiti e interpretati, profondamente sentiti dalla danzatrice che, sinuosa, scivola tra la luce e l’ombra della scena. Una prova fisica e una sfida interpretativa di chi si misura con i grandi venuti prima. Alla giovane interprete riconosciamo la grande sicurezza tecnica che sola permette di cimentarsi in ruoli di questo tipo, totalizzanti, quasi spirituali, che si possono dire riusciti solo qualora suscitino in chi guarda l’incanto della meraviglia.

Ed è ancora la luna che illumina il terzo brano della serata; questa volta la sua luce va a posarsi su una foresta, dimora di evanescenti fanciulle, eteree nei loro morbidi degas. Sono le silfidi di Michail Fokin, danzanti, guidate dalle note di Chopin, ad animarsi, delicate e sospese. La coreografia vede l’alternarsi di pezzi d’insieme, variazioni e pas de deux, che uniscono in un connubio armonico la grazia e la morbidezza alla tecnica. L’esibizione rivela uno studio meticoloso, attento, che non lascia spazio a indecisioni o sbavature, soprattutto nei momenti d’ensemble.

Le variazioni sembrano cucite addosso ai solisti scelti per interpretarle; tra loro molto diverse, e nella velocità di ritmo, e nelle abilità che richiedono, quelle frizzanti, ricche di grandi salti e piccola batteria, movimentano la scena, mentre il tempo rallenta e si dilata nelle variazioni più sostenute, fino a sospendersi nel passo a due. Il brano, come l’intero spettacolo del resto, si chiude tra gli applausi del pubblico; personalmente sono grata per aver avuto la possibilità di assistere a uno dei brani della tradizione del grande repertorio, danzato dalla nuova e promettente generazione di danzatori.

A chiudere la spettacolo, un tripudio di colori, luci, sonorità e ritmi incalzanti; è di scena Who Cares?, capolavoro di George Balanchine, sulle musiche jazz di George Gershwin. Non si poteva desiderare brano migliore come coronamento della serata. La prima parte vede l’alternanza di quattro ragazze e quattro ragazzi nell’esecuzione di brevi assoli e frizzanti passi a due; la scena non rimane mai vuota, pervasa dalle movenze e dagli atteggiamenti tipicamente balanchiniani, i quali richiedono grande partecipazione e immedesimazione. La coreografia è un vero invito al divertimento, ed esplode nella seconda parte, affidata agli allievi più grandi; questa volta sono tre ragazze e tre ragazzi a cimentarsi nelle intricate combinazioni, ricche di difficoltà tecniche certo, ma particolareggiate e rese uniche da alcuni passi iconici dello stile Balanchine. Via libera a raffinati ancheggiamenti e giri in mezza punta per le ragazze, senza dimenticare i particolari movimenti dei polsi e la più che evidente mimica facciale dei danzatori. Non mancano poi i sollevamenti nati da geniali intuizioni, con soluzioni al limite dell’immaginazione. Le note celeberrime di I Got Rhythm chiudono questo meraviglioso omaggio al grande maestro, suscitando un applauso scrosciante da parte del pubblico, davvero in visibilio, profondamente emozionato al termine di uno spettacolo che senza fatica alcuna si può definire impeccabile.

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