L’amore Per L’operetta è “Amore Sciocco”?

di Elena D'Angelo
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Cari amici, siamo sicuri che la piccola lirica sia uno spettacolo di “serie B” rispetto alla sua sorella maggiore? È innegabile che i primi spettacoli d’operetta in Italia siano stati messi in scena da compagnie dilettantistiche, con pesanti riduzioni della parte musicale, sia dal punto di vista dei numeri sia riguardo alla strumentazione utilizzata. Inoltre, i dialoghi spesso si caratterizzavano per una notevole farcitura di battute votate a una non bene accetta volgarità (non che gli attuali cabarettisti ci vadano più leggeri, ma eravamo nella seconda metà dell’800 e il pubblico colto non poteva certo apprezzare, per motivi di educazione non già per snobismo, certe cadute di stile).

È però storicamente accertato che anche un intellettuale di alta levatura quale Nietzsche si sia appassionato all’operetta, diventandone un estimatore proprio dopo aver ascoltato in versione italiana a Torino i titoli in voga, tra cui la Mascotta di Edmond Audran.

Non stupisca inoltre che le prime operette rappresentate in Italia siano state tradotte dal francese. Nel bel paese, infatti, nessuno era interessato a cimentarsi in questo nuovo e brillante genere.  Infine, a ostacolare l’affermazione della piccola lirica in Italia, fu l’egemonia del grande teatro d’opera, unita alla mancanza di una tradizione di un teatro musicale leggero, all’interno della quale l’operetta potesse attecchire com’era successo nelle altre nazioni (vedi, ad esempio, l’Inghilterra, dove le operette di Gilbert & Sullivan erano chiamate Light Operas).

La situazione, tuttavia, mutò notevolmente alla fine dell’800 con gli interessanti lavori di Vincenzo Valente, di cui si ricorda il successo de “I Granatieri”, e di Carlo Lombardo che, soprattutto con “I Coscritti”, ottenne numerose repliche in molte città italiane.

Per arrivare al primo grande successo dell’operetta italiana, bisognerà attendere il 1904, quando vedrà la luce il lavoro più noto di Costantino Dall’Argine: “Dall’ago al Milione”, che rimarrà talmente impressa nella memoria e nei gusti degli italiani che, negli anni 60, il grande Toto’ farà cantare a Delia Scala la barcarola “Sul mare silente” e l’altrettanto nota serenata del torero “Pel fior che roseo”, nel film “Signori si nasce”.

Da questi successi nostrani e dalle rappresentazioni nel nostro paese de “La Geisha” di Sidney Jones, “Hans, il suonatore di flauto” di Luis Ganne, “Sogno di un valzer” di Oscar Strauss e soprattutto “La vedova allegra” di Lehar, nacquero importanti compagnie con artisti di chiara fama, a partire dalla Compagnia Scognamiglio e dalla Compagnia del Cav. Giulio Marchetti, nelle quali si muovevano, con talento, cantanti, attori e ballerini specializzati in questo genere. Nella prima decade del 900, comincia per l’operetta un periodo di splendore, di cui vi narreremo dal nostro prossimo incontro.

Elena D’Angelo

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