Il Tokyo Ballet incanta Roma.

di Sabrina Ronchetti
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L’emozionante cornice delle Terme di Caracalla è stata, nelle serate del 27 e 28 Giugno, il magico scenario per l’unica tappa italiana del Tokyo Ballet, il quale ha inaugurato, con il suo spettacolo dedicato a Maurice Béjart, la stagione ballettistica estiva del Teatro dell’Opera di Roma.

La prestigiosa compagnia, che festeggia tra l’altro proprio quest’anno il cinquantesimo anniversario della sua fondazione e che gode di una reputazione eccellente nel mondo della danza internazionale, ha sempre portato in scena spettacoli di altissimo livello nei più illustri teatri di tutto il mondo e anche l’altra sera non ha deluso le aspettative del foltissimo pubblico presente.

In programma tre coreografie del grande Maurice Béjart, uno dei padri della danza contemporanea internazionale : “Danses Greques”, “Don Giovanni” e “Le sacre du printemps”, portate in scena da circa una sessantina di bravissimi danzatori.

In “Danses Greques” particolare è l’evocazione del profumo mediterraneo della Grecia, grazie alla partitura di Mikis Theodorakis, e alla presenza, all’interno della coreografia, di passi presi in prestito proprio dalle danze tradizionali greche, riducendone però al minimo il carattere prettamente folkloristico. Fin dalle prime battute, quando i danzatori sono chiamati a suggerire coi loro gesti il dolce ondeggiamento dei flutti marini, si è immediatamente catturati dallo straordinario sincronismo dell’esecuzione del corpo di ballo, che si muove sempre in perfetto unisono, senza sbavature né imprecisioni di sorta. Incantevoli per grazia e precisione, gli interpreti dei due pas de deux : Kanako Oki con Hideo Kishimoto e Mamiko Kawashima con Mao Morikawa, per non parlare di Hiroki Umezawa, solista energico e vigoroso, capace di trasmettere, attraverso la sua danza, un’ intima, profonda forza.

“Don Giovanni”, il secondo brano presentato, su musiche di Chopin da un tema di Mozart, mette in scena un gruppo di giovani ballerine in attesa di iniziare le loro prove nella sala di danza. Le ragazze personificano le speranze giovanili, il desiderio d’amore che riversano su una figura immaginaria, mitica, quella di Don Giovanni, che rincorrono per tutta la durata del balletto. Ritroviamo qui la perfezione formale e tecnica della compagnia, in particolare di Akimi Denda e Rie Watanabe, due delle sei soliste impegnate nelle complesse variazioni create da Béjart. La prima, applauditissima per la sua capacità di eseguire velocissimi e complessi enchainements di salti e pirouettes, la seconda, sì altrettanto apprezzata dal pubblico, ma per l’eleganza delle sue linee, valorizzate al massimo dall’adagio a lei affidato nella sua variazione.

A chiudere la serata, una delle opere più belle di Béjart, “Le sacre du printemps”, che, come afferma lo stesso coreografo, vuole essere «un inno all’Unione tra Uomo e Donna, a livello più istintivo ed essenziale, un balletto dell’unione tra cielo e terra, un balletto della vita e della morte, eterna come la primavera … » Qui la compagnia del Tokyo Ballet torna a stupire per la perfezione esecutiva già evidenziata in “Danses Greques”. La potenza e la forza sono le componenti dominanti della parte di balletto affidata ai danzatori, che evidenziano ancora una volta una tecnica davvero ineccepibile, mentre l’alternanza di movimenti a tratti geometrici e poi dolcemente sinuosi è l’elemento che contraddistingue le figure delle danzatrici. Emozionante Haruka Nara, l’Eletta, per la sua intensità e per la qualità della sua danza, dove i movimenti di contrazione, cadenzati dalla musica di Stravinskij, vengono da lei talmente interiorizzati da essere trasformarti in vibrazioni di pura energia e facendo di lei l’interprete in assoluto più espressiva dell’intera compagnia.

In generale, quindi, il Tokyo Ballet si conferma come una delle compagnie di più alto livello del momento, la cui perfezione esecutiva e il cui vigore tecnico sono elementi costanti ed evidenti a tutti.

L’unica osservazione che forse si può muovere a questi danzatori, eccettuate poche e felici eccezioni come Haruka Nara, è la non robustissima efficacia espressiva che ne accompagna in qualche misura tutte le esecuzioni, mentre, com’è noto, la forza interpretativa è alla base del discorso coreografico di Maurice Béjart, il quale affermava che «la danza è una delle rare attività umane in cui l’uomo si trova totalmente impegnato in corpo, cuore e spirito. Danzare vuol dire soprattutto comunicare, unirsi, parlare con l’altro della profondità del suo essere» .

Crediti fotografici: Luciano Romano.

 

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