Giselle: il classico dei classici rinasce al Regio di Torino

di Giada Feraudo
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Torna in scena al teatro Regio di Torino, con repliche fino al 14 dicembre, il più classico dei balletti del repertorio: Giselle.

Questo titolo, un sempreverde fra i più rappresentati sulle scene di tutto il mondo, è particolarmente caro al teatro e al pubblico sabaudi, come dimostra la sua assidua presenza nei cartelloni delle stagioni appena trascorse (non più tardi dello scorso anno il Ballet de l’Opéra de Lyon, come si ricorderà, portò al Regio la Giselle di Mats Ek).

Quest’anno a far rivivere Giselle sono i bravissimi ballerini del Ballet Nacional de Cuba, fondato nel lontano 1948 da quell’autentico e unico “monumento vivente”, come l’ha definita Alfio Agostini, che è Alicia Alonso. Ballerina straordinaria e inimitabile interprete del ruolo, ancora oggi alla direzione della compagnia benché ultranovantenne, Alicia Alonso è stata questa volta costretta, suo malgrado, a rinunciare a seguire la sua compagnia nella tournée torinese per motivi di salute. La “sua” Giselle (le coreografie sono della stessa Alonso) porta alcuni marchi di fabbrica inconfondibili, non ultimo la strepitosa tecnica cubana, fatta di pulizia estrema, di salti e giri sicurissimi.

Ciò che rende la Giselle cubana particolarmente diversa dal balletto che si rappresenta nel resto del mondo è l’intensa partecipazione del corpo di ballo, soprattutto nel primo atto, elemento che però rende, talvolta, il dramma di Giselle meno intimo e un tantino troppo “di piazza”, soprattutto nella scena della pazzia, in cui gli astanti in continuo movimento distolgono un po’ l’attenzione dalla tragedia che sta sconvolgendo la vita della protagonista al punto da condurla alla morte. Anche il passo a due dei contadini (non presente nella partitura originale, ndr), piccolo gioiellino all’interno del primo atto, è eseguito, in questa versione, in maniera corale.

Sempre emozionante e di grande impatto il secondo atto, l’atto bianco, che vede in scena diciotto Villi che si muovono nello spazio scenico con un sincronismo impeccabile. A capo del plotone d’esecuzione delle Villi, in alcuni punti forse fin troppo marziale, pur se conforme alle intenzioni registico-coreografiche, una Myrtha (Estheysis Menéndez la sera della prima rappresentazione) dalla qualità e pulizia tecniche ineccepibili.

Nel ruolo dei protagonisti, sempre nella serata d’apertura, Annette Delgado (Giselle, i cui entrechats-quatre del secondo atto, estremamente precisi e musicali, sono stati apprezzati dal pubblico con un forte applauso) e Dani Hernández, elegante, tecnicamente molto valido ma non particolarmente convincente nei panni di Albrecht.  A loro si alterneranno, nelle date successive, Viengsay Valdés, la stella più brillante del Ballet Nacional de Cuba (12 e 14 dicembre) e Yanela Piñera (13 dicembre) nel ruolo di Giselle, Víctor Estévez (12 e 14 dicembre) e Arián Molina (13 dicembre) in quello di Albrecht e Dayesi Torriente (12 e 13 dicembre) in quello di Myrtha.

Uno spettacolo di altissimo livello quello offerto dal Ballet Nacional de Cuba, a cui la presenza dell’orchestra dal vivo avrebbe senza dubbio aggiunto valore e soprattutto quella sensazione di sublime astrazione atemporale di cui è permeato il secondo atto, che solo la percezione del suono “vivo” degli strumenti può infondere.

 

Al pari dell’araba fenice Giselle muore e rinasce ad ogni nuova rappresentazione, mai uguale a sé stessa: è questa la chiave della sua immortalità, perché, per dirla con le parole della stessa Alonso, “le grandi opere non muoiono mai, possono dormire, ma si risvegliano con grandi interpreti”.

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