Ballando con il cinema – Bolero: Danze ungheresi di Brahms: la musica d’autore incontra la danza

di Giada Feraudo
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Un programma ben assortito quello proposto dall’Ariston Proballet, diretto da Marcello Algeri e Sabrina Rinaldi, per celebrare in danza le composizioni di grandi maestri della musica quali Ennio Morricone, Ravel e Brahms.

Pur se la distanza temporale che intercorre, musicalmente, fra le diverse composizioni, è notevole, la danza riesce, in questo caso, ad annullare tale scarto (complici forse anche le proiezioni digitali sempre presenti sul fondale ad accompagnare i ballerini), e a creare un piacevolissimo connubio fra la musica e i passi, attraverso uno stretto e reciproco scambio che rende la prima non soltanto un elemento accessorio o “di sottofondo” ma la traduce quasi in un impulso fisico e necessario che, per restare in tema, “dà il la” al movimento danzato.

La prima parte dello spettacolo costituisce un vero e proprio omaggio al Maestro Ennio Morricone (Oscar alla carriera nel 2007, ndr), che con la sua lunga collaborazione al servizio del cinema crea un genere musicale vero e proprio. Dopo una proiezione iniziale che ricorda momenti importanti della vita di Morricone, una dopo l’altra si susseguono con un ritmo incalzante coreografie ispirate dalle colonne sonore di film celeberrimi: da La Califfa a C’era una volta in America, per proseguire con Canone Inverso, The Mission, Luz Prodigiosa, C’era una volta il West, La Tenda Rossa, I Promessi sposi, La leggenda del pianista sull’oceano, Nuovo cinema paradiso e Maddalena. Le coreografie, in stile neoclassico, non vogliono raccontare i film da cui sono tratte ma, grazie soprattutto alla nettezza delle linee disegnate dai corpi dei danzatori (in possesso, peraltro, di una tecnica di tutto rispetto) e alla morbidezza dei costumi, lasciano ampio spazio alle sensazioni che nascono dal puro e semplice ascolto delle note.

Sempre intrigante il Bolero di Ravel, che, nonostante l’irraggiungibile, famosissimo capolavoro creato da Béjart, continua ad affascinare i coreografi. Nella versione di Algeri, abbandonate le scarpe da punta, i danzatori si muovono sulla scena a piedi nudi, in un intreccio di sensuali trasparenze date dai costumi e dalle luci e valorizzate dalla fluidità dei movimenti. Un po’ sottotono, rispetto alle ottime premesse iniziali, il finale, in cui si disperde in parte l’energia travolgente data dall’irresistibile crescendo della musica.

 

Un vero peccato che il pubblico torinese presente alla rappresentazione svoltasi lo scorso 16 novembre presso il Teatro Nuovo non abbia potuto ammirare anche le Danze ungheresi di Brahms in programma, sostituite, a sorpresa, da un’esibizione degli allievi del Liceo Coreutico del teatro, apprezzabile ma forse più consona ad un’altra sede. Danze che avrebbero concluso, attraverso una coreografia ironica e piena di humor, con una strizzata d’occhio ai tempi andati, uno spettacolo fresco e piacevole, di cui eleganza stilistica, difficoltà tecnica e cura dell’estetica sono le cifre più caratteristiche.

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