Da Bach ai Pink Floyd passando per Roland Petit.

di Miki Olivieri
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La “Serata Petit”, in cartellone nella stagione del Balletto al Teatro alla Scala, si è confermata un omaggio al genio incontrastato di Roland Petit, uno dei maggiori coreografi di tutti i tempi, un excursus nel suo lavoro, attraverso due celeberrimi titoli: “Le Jeune homme et la Mort”, capolavoro esistenzialista su libretto di Jean Cocteau e “Pink Floyd Ballet” sulle musiche della famosa rock band britannica. Una poetica e caleidoscopica serata, due massime espressioni artistiche, interpreti di spessore, eccellente Corpo di ballo, musica raffinata. E poi Roberto Bolle, nel primo balletto, a mettere l’impronta sulla serata in un ruolo così sofferto, angoscioso e doloroso; da sottolineare, ancora una volta, la sua condotta tecnica, la precisione, lo sfolgorìo virtuoso, il fulgore, e i balzi che hanno regalato immagini aeree. Il ruolo è di spessore e a tutto tondo; presenza, capacità attoriale ed espressività mai stonata, emozionante fino all’incedere esplosivo del famoso finale, la sua interpretazione è stata impreziosita anche dalla sua partner, la prima ballerina scaligera Marta Romagna, affascinante e feroce. A sessant’anni dalla prima parigina, “Le jeune homme et la mort” mantiene inalterata e intatta la sua freschezza e lo spirito innovativo, confermandosi un punto fermo nella storia della danza, la bellezza e la poesia della coreografia possiedono una tale carica espressiva che è sopravvissuta indenne all’evoluzione degli stili, diventando un’icona della danza mondiale grazie anche ai prestigiosi interpreti che in questi anni si sono succeduti nel ruolo del protagonista: da Jean Babilée a Mikail Baryshnikov. L’azione si svolge in una mansarda, dove un giovane pittore attende una donna, in uno stato di agitazione e turbamento. Lei arriva: stupenda, inafferrabile. Lo provoca, lo stuzzica e lo abbandona. Lui s’impicca. D’un tratto svanisce la stanza, ecco comparire i tetti di Parigi, gli abbaini, le insegne luminose, l’Eiffel in lontananza. Riappare la donna: la Morte. Ha una maschera, la toglie e la pone sul volto del giovane portandolo con sé. La coreografia permette un’intensa interpretazione tanto a Roberto Bolle, quanto a Marta Romagna così charmant e algida nell’incedere in cui traspare la grazia delle emozioni, genialmente sottolineata dalla musica di Johann Sebastian Bach che con la sua tranquillità solenne riporta all’ordine divino.

Di seguito troviamo “Pink Floyd Ballet”, una creazione geniale di Petit a dir poco innovatrice e riformatrice, sulla musica di uno dei più celebri gruppi pop inglesi, i Pink Floyd: un successo e un evento, il quale a distanza di tanti anni conserva immutata la forza e la potenza evocatrice dell’opera, in quanto richiama alla mente emozioni dimenticate mediante la musica e lo stretto legame tra i movimenti dei danzatori e gli effetti visivi di luci, laser e fibre ottiche, come in un esplosivo concerto rock. L’impianto coreografico appare robusto, muscolare grazie a un ritmo calibrato sospeso in una struttura di brevi quadri, nei quali traspaiono esibizioni di gruppo, duetti, assoli, variazioni che nella loro semplicità appaiono trascinanti e magnetici. Il Corpo di Ballo della Scala è apparso in tutto il suo affiatamento e nella, ormai consolidata, perfezione tecnica, le linee geometriche pulite, e i virtuosismi eseguiti con leggerezza hanno entusiasmato il pubblico. Petit con l’odierna e attenta supervisione coreografica di Luigi Bonino, proiettato in una scenografia minimalista vestita solo dall’abbagliante e sapiente luce, sviluppa una coreografia in stile moderno ma con solidissima tecnica classica, catturando l’attenzione grazie alla fisicità dei ballerini; senza tregua la Compagnia si amalgama sottolineando ad ogni passo gli accenti musicali. Il Corpo di ballo diretto con abilità dal direttore Makhar Vaziev, si fa trasportare dai ritmi incalzanti e frementi della partitura coreografica in un crescendo di maestrìa, scioltezza e spontaneità. Da sottolineare ancora la totale freschezza e attualità di scene, costumi e luci a cura rispettivamente di Georges Wakhevitch, Jean Michel Désiré e Karinska. Nelle repliche successive si sono alternati e distinti per l’ottima interpretazione, ognuno con le proprie sfumature, nei ruoli di “Le jeune homme et la mort”, Ivan Vasiliev in coppia con Nicoletta Manni, Mick Zeni con Marta Romagna, Claudio Coviello con Virna Toppi. Nota di merito e lode a tutti i protagonisti della serata indistintamente: Christian Fagetti, Alessandra Vassallo, Luana Saullo, Marco Agostino, Alessandro Grillo, Antonino Sutera, Emanuela Montanari, Carlo Di Lanno, Maurizio Licitra, Stefania Ballone, Federico Fresi, Massimo Garon, Paola Giovenzana, Antonina Chapkina. Tra tanti bei nomi della danza scaligera dispiace l’assenza dell’etoile Massimo Murru, il quale ha dato vita a magnifiche interpretazioni delle coreografie di Petit che lo scelse personalmente fin da quando era giovanissimo.

(Foto © Rudy Amisano-Teatro alla Scala)

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