Who could ask for anything more? “An American in Paris” firmato Bellone debutta a Genova

di Alessandra Colpo
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Per la prima volta in assoluto dopo gli Stati Uniti e Londra, “An American in Paris”, il musical di George e Ira Gershwin, che ha debuttato originariamente al Teatro du Châtelet di Parigi nel 2014, e vincitore di ben 4 Tony Award (gli Oscar del teatro), debutta con un nuovo grande allestimento diretto da Federico Bellone. Ancora è l’Italia a detenere questo primato (come per il musical “Newsies” della Disney), insieme a quello di presentare lo spettacolo con orchestra sinfonica. La pièce è basata sull’omonimo film del 1951 prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer, a sua volta basato sull’omonima composizione di Gershwin del 1928, vincitore di 8 premi Oscar e con Gene Kelly come protagonista e coreografo, Vincent Minnelli come regista, e Alan Jay Lerner (il librettista di “My Fair Lady”) come sceneggiatore.

La trama racconta di Jerry Mulligan, un soldato americano, che alla fine della seconda guerra mondiale decide di restare a Parigi per dedicarsi alla sua grande passione: la pittura. Presto si imbatterà in Lise Dassin, una bellissima e promettente ballerina francese, che sembra sfuggire alle attenzioni del giovane. La situazione si complicherà maggiormente con la presenza dei nuovi amici di Jerry: Adam, un pianista scapestrato, e Henri, un cantante di rivista amatore, oltre alla testarda filantropa Milo, che commissionerà al Teatro du Châtelet un nuovo balletto con Lise come protagonista, su composizione originale di Adam, e con una scenografia d’avanguardia di Jerry.

La squadra di creativi tutta italiana, e l’unica non anglosassone a essere stata accolta nel West End di Londra con un musical americano (una nuova rivisitazione del classico del cinema “Dirty Dancing”), è reduce dal grande successo dello spettacolo Disney “Mary Poppins”, e, con Fabrizio Angelini come coreografo, dall’acclamato allestimento di “West Side Story” al Teatro Carlo Felice di Genova. Il team, in tutti gli aspetti di questa nuova messa in scena, intende celebrare la volontà di essere se stessi e inseguire i propri sogni, l’obiettivo e il conflitto comune a tutti i personaggi, come parallelo con la dichiarazione di libertà alla fine della seconda guerra mondiale.

«Il tutto nasce con il poema sinfonico dallo stesso titolo, che George Gershwin eseguì per la prima volta nel 1928, in seguito a un soggiorno nella capitale francese. Ecco perché un quasi onnipresente pianoforte in palcoscenico, suonato dall’alter ego del compositore, il personaggio Adam Cook, creato per il film che Hollywood girò negli anni ’50 proprio ispirandosi a questa celeberrima musica.
Altro punto focale è la pittura: il protagonista, Jerry Mulligan, ex militare col sogno profondo di dipingere, dà quindi spunto per una scenografia caratterizzata da un continuo susseguirsi di quadri famosi, che descrivono sia in modo puntuale sia emotivo i luoghi dell’azione.
Altro cardine, mutuato dalla riduzione a musical per i palcoscenici di Broadway, è la danza, con il personaggio di Lise Dassin, ballerina del Théâtre du Châtelet, che, con coreografie a metà tra la danza classica e il musical, porta avanti l’azione non solo con recitazione e canto ma anche, appunto, con l’arte tersicorea.
Un titolo che richiama nella memoria comune un grande e sfarzoso racconto degli anni ’40 del dopoguerra, dove la voglia di rinascita era tanta, e la felicità nelle piccole cose; dove gli amori erano più forti e i sogni più profondi. Un libretto, che diverte e ricorda con nostalgia, presenta dei personaggi con un problema comune: il raggiungimento dei propri semplici desideri; dipingere e essere corrisposto dalla persona che ama per Jerry, diventare una ballerina e essere libera di amare per Lise, diventare un cantante per il talentuoso francese Harry, comporre per Adam, trovare la persona giusta per la ricca filantropa Milo, vivere una vita più libera per i coniugi Baurel, genitori di Henri. Sulle note spensierate con quel pizzico di sofisticatezza di Gershwin, 47 cambi di scena con tanti effetti su una grande giostra girevole, più di 240 costumi di un epoca non così lontana ma che non c’è più, un caledoscopio di mille luci colorate e il rinvigorimento dell’udito, per una cascata di emozioni così dolcemente vintage che aiutano a rinascere dopo un duro colpo, come, nel caso del nostro spettacolo, il secondo dopo-guerra…»

Federico Bellone – Regista di “An American in Paris”

Nel cast Giuseppe Verzicco e Marta Melchiorre, oltre a Simone Leonardi, Tiziano Edini, Alice Mistroni, Donatella Pandimiglio, Mimmo Chianese, Marco D’Alberti, Annamaria Schiattarella, punte di diamante degli interpreti italiani in grado di recitare, ballare e cantare, che daranno vita a questo emblema del teatro musicale presentato con dialoghi in italiano e canzoni in lingua originale con sopra-titoli, tra cui le celeberrime “I Got Rhythm”, “The Man I Love”, “Liza”, “S Wonderful”, “Shall We Dance?”, “But Not For Me”, “I’ll Build a Stairway to Paradise”, “They Can’t Take That Away from Me”, oltre allo strumentale “Concerto in Fa” e ovviamente al poema sinfonico del titolo. Direttore d’Orchestra sarà Daniel Smith, Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice.

Lo spettacolo in lingua originale, con dialoghi in italiano, sarà in scena dal 12 al 21 ottobre.
I biglietti sono in vendita presso la biglietteria del Teatro Carlo Felice e online sul circuito Vivaticket e Ticketone.

INFO: http://www.carlofelicegenova.it/2018/07/02/an-american-in-paris/

Crediti fotografici: Giulia Marangoni

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