Torna Finché c’è tango c’è vita: SANGUE E ARENA

di Vittoria Maggio
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Come tutte le passioni, anche quella per le scarpe da tango richiede talvolta  il suo sacrificio. Come tutte le cose che hanno un effetto miracoloso, anche le scarpe da tango mostrano a volte l’altro lato della medaglia: scuro, anzi rosso scuro,  inaspettato e a volte violento!

Una doppia natura quindi quella delle magiche scarpette che  ben si allinea a un triangolo sul quale ci si può fermare a riflettere: passione-sacrificio- competizione.

La milonga è un po’ come un’arena, non neghiamolo, una buona dose di sana competizione esiste, celata da amichevoli sorrisi scambiati da  tangueri e tanguere tra una tanda e l’altra!

Un’attenta osservazione di chi balla meglio o peggio fa parte del gioco; qualche commento critico e pungente si sente serpeggiare tra i tavoli che circondano la pista da ballo.

È una competizione surrettizia, condita da finti complimenti e dirette osservazioni di pseudo maestri o supposti bravi ballerini, a base di “confini” ben delimitati che sottolineano una lieve divisione in caste.

E come tutte le arene anche la milonga ogni tanto richiede il suo sangue. “Sangue e arena” come il famoso film!

La scarpetta da arma di seduzione diventa una sorta di arma da taglio. Non siamo certo a una corrida, dove a una tanda della milonga corrisponde un Tercio e dove sfida e  confronto vita-morte si fanno sempre più vicine e sfiatanti.

Ma il tacco affilato della magica scarpetta a volte si può trasformare in un fendente, in uno stiletto fine ed elegante che inavvertitamente colpisce l’avversario, ricordando le colorate banderillas del Tercio de banderillas tipico della corrida. Le corride de toros sono infatti divise in tre parti definite nel gergo tecnico Tercio.

Avete presente quelle asticciole lignee lunghe, coperte da nastri colorati di carta crespa e terminanti con un arpioncino in acciaio che vengono conficcate dai banderilleros sul dorso del toro nella seconda parte  della corrida?

Ecco, a volte i tacchi delle scarpe da tango diventano delle potenziali banderillas che colpiscono l’avversario.

È  la passione, l’impeto del momento, la voglia di fare un movimento più ampio oppure più energico, lo spazio mal gestito oppure l’egocentrismo di ognuno di noi che vuole il suo attimo di gloria, oppure un mancato controllo di una sequenza. Un boleo troppo alto, una sacada lunga, una gamba lanciata e richiamata con quell’attimo fatale di ritardo! A nulla può il tentativo di recupero dell’abile tanguero che cerca invano di evitare l’impatto!

Tutto ciò a volte provoca sangue nell’arena: quel maledetto tacco urta con forza e violenza, proprio come una banderilla che infilza il povero collo del toro, colpisce e affonda nel malcapitato collo del piede o polpaccio della sfortunata ballerina vicina  o del tanguero che sta ballando accanto proprio in quel momento e…sono veri dolori!

La cosa buffa e paradossale, ma che comprova la non premeditazione di “uccidere”  è che a volte siamo noi a ferire a morte noi stessi: un nostro movimento senza adeguato controllo si trasforma in un colpo  letale contro il nostro stesso alluce, oppure in un graffio profondo sulla nostra bellissima coscia senza calze, senza pietà.

Il sangue che sgorga sulla parte anteriore dell’alluce è rosso scuro e scorre a fiumi: poco protetto nella danza,  perché la tanguera “vera” utilizza più il sandalo che la scarpetta chiusa, ha bisogno di disinfettante e cerotto, oppure di un po’ di ghiaccio che allievi il dolore, stoicamente sopportata dalla ballerina fino al termine della tanda.

Sí, noi tangueri come tutti i ballerini e gli sportivi in generale, abbiamo imparato a soffrire in silenzio,  abbiamo alzato la nostra  soglia del dolore e, quasi fieri della nostra ferita cicatrizzata, si torna poi  in pista come nuovi, magari prestando maggiore attenzione allo spazio, alle persone e a noi stessi: “omicidio e suicidio” per qualche tango sono riposti nel cassetto, anzi nelle scarpette.

Tutti pronti per l’ennesimo tango: l’arma letale torna a giocare con la seduzione!

E come sempre Buon Tango a tutti, a chi già lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi solo lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e  a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio

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