Tango “A Evaristo Carriego”: sospeso tra equilibrio e follia

di Vittoria Maggio
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Morí nel 1912 a 29 anni Evaristo Carriego, poeta argentino dalla poetica semplice come la breve vita vissuta stroncata dalla tisi.

Perché Jorge Luis Borges gli abbia dedicato un libro esattamente non lo so, forse il legame col tango che l’illustre scrittore amava tanto e che Carriego ha descritto ne La Cancion del barrio, la sua opera più conosciuta, li unisce in un insolito abbraccio.

Ma per noi tangueri, A Evaristo Carriego è soprattutto un bellissimo tango, uno di quelli che mette d’accordo tutti, puristi milongueri e amanti del nuevo: certo non è facile ballarlo, ma raramente si rinuncia a scendere in pista alle sue prime affascinanti note, anche se non si è ancora esperti ballerini.

A Evaristo Carriego in versione originale venne inciso attorno agli anni ’50 in trio da Eduardo Rovira al bandoneòn, Rodolfo Alchourron alla chitarra elettrica e Fernando Romano al contrabbasso.

Diviso  in tre parti, a velocità alternate, lento veloce e lento, inizia con un toccante ed emozionante tema seguito poi da un ritmo veloce che ricorda i sobborghi del barrio Palermo di Buenos Aires descritti da Carriego tra guappi, compadritos, donne di malaffare, caffè e sobborghi concitati.

Nel 1969 il grande compositore Osvaldo Pugliese prende e trasforma questo tango ancora un po’ “diamante grezzo” in un’opera indimenticabile. Lo ricrea e lo trasfigura:  il tema che tutti conosciamo entra quasi strisciando da sotto una porta trascinandosi poi in un ritmo quasi ossessivo per intrecciarsi successivamente con un secondo tema inventato ex novo da Pugliese.

La tensione che si crea, a tratti sfoga e a tratti viene trattenuta a stento fino all’orgasmico finale e alla conseguente liberazione.

A volte il ritmo di questo tango mi ricorda una sorta di alternanza tra equilibrio e follia con quel crescendo finale che, non so nemmeno io perché, mi richiama alla mente il famoso Bolero di Ravel quando esplode nel suo finale di follia stessa del suo autore malato di demenza.

Tutto questo è A Evaristo Carriego o forse tutto questo è per me e non per altri: qualsiasi grande opera artistica, per essere tale, deve poter lasciare a ciascuno di noi il proprio pensiero, la propria emozione, un sentire personale e unico.

Ogni grande coppia di ballerini porta in scena prima o poi questo tango che ancora più di altri richiede intima fusione di due anime che ballano insieme e le versioni di Gavito con le sue compagne di vita e di arte, sono le più conosciute.

Ho scelto per voi invece solo la versione acustica, perché ognuno di voi possa liberamente viaggiare sulle note di Evaristo Carriego con la propria fantasia e perché no, con la propria compagna. Ecco a voi l’orchestra di Pugliese in un’esecuzione del 1985 al Teatro Colon di Buenos Aires. Buon ascolto!

https://m.youtube.com/watch?autoplay=1&v=imlf-BR7J9w

Come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio!

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