Elena D’Angelo racconta Vienna e l’esordio dell’operetta austriaca

di Elena D'Angelo
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Continuando il nostro discorso sulla diffusione dell’operetta in Europa, possiamo affermare che anche nella vicina Austria il genere si sia sviluppato a partire dalle influenze francesi.

Franz Von Suppé Demelli, direttore d’orchestra nei più importanti teatri viennesi, può essere considerato il pioniere dell’operetta austriaca, nonostante le sue evidenti origini italiane. Scrisse una trentina di operette fra le quali ricordiamo: Die Shöne Galathee (1865), Pique Dame (1864), Die Leichte Kavallerie (1866), e il Boccaccio (1879), liberamente ispirato al Decameron, che riporta uno stralcio di vita del grande poeta. È da sottolineare il fatto che, anche nella versione originale austriaca, il celeberrimo duetto Mia Bella Fiorentina sia scritto, almeno in parte, in italiano.

Ma osserviamo più da vicino come il grande Offenbach riuscì ad influenzare la tradizione teatrale viennese, portando lui stesso, nel 1861, le sue opere tradotte in tedesco che riscossero subito un grande successo. Il maestro francese divenne a tutti gli effetti sovrano incontrastato dell’operetta austriaca, e Vienna seconda capitale dell’operetta dopo Parigi.

Dal punto di vista teatrale, al contrario della francese, la piccola lirica austriaca non conobbe satira e parodia ma solo quotidianità, pettegolezzo, cronaca oppure le fantasticherie più incredibili, puntando sull’elemento musicale e sulla spettacolarità scenica. L’operetta austriaca rimase esclusivamente un’occasione di puro interesse estetico-musicale.

Con il Congresso (1814-15), Vienna cambiò volto e si trasformò in una città cosmopolita e il valzer divenne il simbolo universale della gioia di vivere.

Johann Strauss jr., il “re del valzer”, figlio del grande compositore Johann sr., “padre del valzer”, doveva divenire il più importante scrittore di operette del periodo classico viennese e fu proprio Offenbach ad indirizzarlo verso questo genere di teatro, quando Strauss aveva più di 45 anni. L’eccezionale genialità del maestro si riversò essenzialmente nella finezza dell’orchestrazione in quanto non si intendeva molto né di teatro né di libretti. Questo è anche il motivo per cui nelle rappresentazioni viennesi si ricorre ai grandi interpreti, che avevano il compito di valorizzare maggiormente l’aspetto musicale. La sua prima operetta fu Indigo, del 1871, mentre l’ultima, postuma, sarà Wiener Blut, rappresentata al Carltheater nel 1899. Tra le più famose ricordiamo Die Fledermaus, il suo capolavoro immortale, del 1874, Eine Nacht Venedig del 1883, unica operetta a non debuttare a Vienna ma a Berlino, e Der Zigeunerbaron del 1885.

La triade dei compositori classici viennesi si completa con Karl Millöcker, direttore d’orchestra e direttore del celebre teatro «An der Wien». Scrisse una dozzina di operette, ma Der Bettelstudent del 1882 fu il suo unico capolavoro. Alla svolta del secolo lo scettro passerà al giovane ungherese Franz Lehar, già affermato direttore di banda che coglierà il suo primo successo con Donne Viennesi nel 1902.

Ma il grande Lehar merita un capitolo a parte..  

Elena D’Angelo

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