Simone Ranieri: Shut up and dance with me!

di Miki Olivieri
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Ciao Simone, raccontaci la tua formazione? Tu cresci come musicista e speaker?

Ciao Miky. Credo che l’ambiente familiare dove sono cresciuto mi abbia naturalmente avvicinato al mondo della musica e dell’entertainment. Mio padre, infatti, prima della mia nascita era un affermato speaker radiofonico che proseguì con l’apertura di un noto negozio di dischi – punto di riferimento per la Toscana – dove in adolescenza ebbi anche la possibilità di lavorare. Mi ricordo ancora le feste di Natale o i compleanni dove, ancora bambino, ricevevo in dono mangiacassette e registratori con i quali giocavo e sperimentavo finte trasmissioni radiofoniche o improvvisandomi cantante. Gli anni del liceo, prima, e quelli universitari, poi, sono trascorsi velocemente vivendo con spensieratezza ed in parallello la vita da studente e la “professione” di cantante con diverse band dal vivo e programmi radio e TV locali. L’ambizione, l’energia e la necessità di esprimersi e comunicare dei vent’anni era davvero inesauribile, posso dire di aver girato e conosciuto molti ambienti nazionali e nel mio piccolo essermi tolto qualche importante soddisfazione.

Da dove nasce poi l’amore per la danza?

Non essendo un ballerino, con la danza non c’è stato un vero e proprio diretto innamoramento, bensì dall’incontro con alcuni artisti e danzatori rimasi affascinato e colpito da come questa forma di espressione richiedesse una dedizione totale.

Nel 2006 realizzi come Ideatore e Patron, il “Festival Ballet”, una delle principali produzioni estive di Danza in Italia, trampolino per i giovani talenti. Parlaci di questa tua prima creatura nel mondo della danza?

Avendo avuto occasione di conoscere nell’ambiente Mediaset alcuni danzatori, pensai di applicare il metodo organizzativo – che fino ad allora attuavo per eventi e concerti – al settore eventi danza, a mio avviso troppo spesso poco strutturati. Come in tutte le mie organizzazioni, anche quando scrissi il Festival Ballet pensai ad un format che potesse essere utile e stimolante per i suoi partecipanti e per gli spettatori. Negli anni abbiamo collaborato con i piu grandi esponenti del settore  teatrale e televisivo del nostro paese  come Carla Fracci, Pippo Carbone, Mauro Astolfi, Ludmil Cakalli, Anbeta, Kledi e moltissimi altri… oltre ad aver ospitato più di 8.000 giovani danzatori, per alcuni dei quali abbiamo creduto ed investito nel loro percorso professionale. Nella  prossima edizione del Festival Ballet, che si terrà dal 8 al 11 luglio 2015, spegneremo le 10 candeline, orgogliosi di essere considerati la manifestazione estiva di riferimento in Italia. 

Nel 2010 diventi responsabile artistico per la seconda edizione della fiera evento Milano Danza Expo, di cui attualmente sei Direttore e Project Leader. Come nasce l’idea di un evento che aspira ad unire l’arte coreutica, il territorio e la danza in tutte le sue discipline?

In un sistema italiano dove purtroppo i vari livelli di professionalità e realtà sono sempre più appiattiti, con Milano Danza abbiamo avuto la possibilità di dare un ordine ben specifico ad ogni entità. È ovvio, inoltre, che la città di Milano sia la naturale capitale, punto d’incontro di Danza, Teatro e Business.

Qual è la punta di diamante dell’imminente edizione 2014?

Parola d’ordine di questa edizione è accessibilità. In un periodo storico ed economico che ahimè coinvolge e immobilizza il nostro paese, abbiamo pensato di aumentare l’offerta formativa eliminando i costi a carico dei partecipanti – e di conseguenza delle loro famiglie – mantenendo però integra la qualità. Sono oltre 130, infatti, le lezioni gratuite proposte quest’anno, di cui quelle direttamente proposte dalla nostra organizzazione, per la consulenza di Valentina Marini, che offrono la possibilità di studiare e conoscere artisti internazionali del calibro di Christopher Roman (Direttore Artistico Associato The Forsythe Company), Naomi Perlov (Direttrice artistica “Maslool Professional Dance Program” Bikurey Ha-Itim Arts Center), Aja Jung (Direttrice Belgrade Dance Festival, Direttrice National Foundation for Dance), Edward Watson (Principal del Royal Ballet di Londra), Amanda Bennet (Direttrice Artistica Ballettschule Teatro di Basilea e Direttrice artistica Prix de Lausanne) e molti altri.

Quando e come è nata la collaborazione con Milano Danza Expo?

Dagli echi del successo del Festival Ballet, mi arrivò una proposta per una breve collaborazione con la fiera. L’accoglienza e la fiducia ricevuta da Artisti, Direttori e dalla Città di Milano mi fece subito capire che sarebbe stato l’inizio di un esperienza molto più lunga ed intensa.

All’interno del programma sono previsti diversi incontri didattici con i bambini. Quanto è importante per te il coinvolgimento e l’insegnamento della conoscenza coreutica ai più giovani?

Il messaggio deve essere molto chiaro: Milano Danza non può e non deve sostituirsi ai veri centri di formazione, bensì è un modo che permette ai bambini di incontrare e conoscere la danza. All’interno delle proprie scuole, se un giovane ha la fortuna di incontrare un maestro con la M maiuscola, troverà le basi per un migliore sviluppo come individuo, basato sulla dedizione passione, disciplina, entusiasmo, responsabilità e costanza.

Insieme siamo stati spesso Giurati in diversi Concorsi di danza, cosa ne pensi di quest’ultimi? Sono veramente di aiuto per i giovani allievi che desiderano avvicinarsi al mondo della danza in modo professionale?

Premesso che ci sono concorsi e concorsi, partecipare ad una valida competizione di danza potrebbe realmente essere un’occasione per mettersi in mostra di fronte a giudici professionisti del settore e ottenere cosi proposte per una crescita formativa o addirittura professionale. Ne approfitto inoltre per ricordare che la natura dei concorsi è proprio quella di valutare le attitudini dei giovani allievi e il lavoro svolto dalle scuola di danza.

Credi che l’attuale metodo di insegnamento della danza sia efficace?

Non sono un insegnante di danza, pertanto preferisco non dare una valutazione in tal senso. Potrei piuttosto puntualizzare e ricordare che un insegnante che vive in sala quotidianamente con dei bambini è indiscutibilmente responsabile anche della loro crescita personale.

Qual è il ruolo del Direttore e Project Leader in un evento di tale portata?

Non è un ruolo, ma un’opportunità. Sicuramente le responsabilità e la mole di lavoro da gestire è troppo spesso eccessiva, ma a volte mi soffermo a pensare che ho realmente la possibilità di dare un’impostazione al sistema, al mercato, ai metodi di diffusione della danza… con le nostre decisioni, possiamo avvalorare o meno alcune discipline piuttosto che altre, un artista o delle realtà. Ci vuole etica ed onestà intellettuale. Ascolto molti giovani, divento confidente di imprenditori che mi anticipano il lancio dei loro prodotti, vivo le ansie e le emozioni degli artisti, scrivo, mi batto conto il sistema economico, disegno e concretizzo idee… Mi reputo fortunato.

Leggendo la tua biografia viene fuori il ritratto di un artista poliedrico. Nel corso della tua carriera ti sei occupato di musica, televisione, danza, teatro, sport. Hai viaggiato molto e hai collaborato con artisti di caratura mondiale. Cosa consigli ai giovani che desiderano intraprendere la strada dell’arte e dello spettacolo?

Invitarli ad essere umili sarebbe la risposta più immediata e forse banale. Prima di tutto, invece, vorrei invitarli alla consapevolezza delle loro reali capacità e/o dei loro limiti. Il talento non lo hanno tutti, l’arte non è per tutti… spesso assisto ad un abuso di attribuiti di elogio a giovani normali danzatori, non curanti del fatto che potrebbero caricare loro – e le loro famiglie – di aspettative poi facilmente disilluse. Abbiate paura di sbagliare ma siate comunque audaci. Evolvete e contaminate l’arte ma abbiate rispetto delle icone di sempre. Siate arrabbiati con il sistema che non vi da spazio ma non siate mai irriverenti e presuntuosi. Ricordate, comunque, che avete l’aspettativa di vivere e di guadagnare con quello che più vi piace fare ed amate, non è certo una pretesa da poco. Si diceva che “uno su mille ce la fa”, oggi forse ce la fa uno su centomila… se non sarete quell’uno siate comunque sicuri di aver realmente studiato e vissuto onestamente per raggiungere quel sogno, questo dovrà rendervi per lo meno orgogliosi di voi stessi.

Tu con il tuo staff e la tua agenzia siete impegnati anche in altri versanti, ce ne vuoi parlare?

Non è in realtà un’agenzia, ma una società. Ci dedichiamo alla produzione di eventi a 360 grandi. Dalla progettazione allo sviluppo, dalla comunicazione all’impianto artistico, dalla consulenza alla gestione. Negli ultimi anni effettivamente siamo più dediti alle produzioni di danza, Festival Ballet, I AM, Milano Hip Hop Contest, Milano Danza Expo, DanceFan ecc. ma manteniamo comunque uno sguardo attento ed aggiornato al settore televisivo e musicale.

C’è una poetica o una particolare linea di contenuto che caratterizza le tue produzioni?

La parola d’ordine è “emozione”. Non una speculazione delle emozioni bensì cerchiamo con l’emotività di mantenere vivo l’entusiasmo e rendere vero quello che organizziamo. Avendo avuto la fortuna di operare sia come protagonista sul palco che da dietro le quinte, credo che sappiamo cosa voglia vivere il pubblico, quale siano le aspettative di un giovane in scena e gli obiettivi di un’azienda che sceglie un evento per le proprie attività di marketing.

Puoi dirci qualcosa sulla filosofia che sta dietro a una manifestazione come il Milano Danza Expo?

Milano Danza non è solo una vetrina, un’occasione per conoscere nuove discipline o un contenitore di opportunità. Milano Danza è stata creata come un canto corale formato da tutti i suoi partner, artisti, espositori, allievi… che urla – anche alle istituzioni – “ci siamo, siamo vivi, siamo un grande movimento che investe ed esiste”.

Qual è il tuo punto di forza e quello dei tuoi collaboratori?

Fiducia. Non la richiediamo ma facciamo di tutto per dimostrare concretamente che le nostre parole ed intenzioni sono reali ed hanno un seguito mai disatteso. Disponibilità. Sebbene per i ruoli che ricopriamo sia anomalo dedicare attenzione ed ascolto a tutti, l’impegno è quello comunque di essere disponibili ad un confronto, ad offrire consigli o a ricevere critiche. Ritengo che chiunque anche se l’ultimo della fila in biglietteria o un semplice fornitore, sia comunque parte di un tassello di un più complesso puzzle che raffigura la completezza di un nostro evento.

Come si diventa leader?

Ti ringrazio per la domanda, ma preferisco evitare il rischio di risposte autocelebrative.

Quanto è importante la comunicazione e come va usata correttamente?

In un’epoca dove le notizie le vedi prima su Facebook che al telegiornale (ed in entrambi i casi non sono attendibili), dove le persone si autocelebrano in curricula nominandosi artisti internazionali, dove con 50 euro metti on line un sito, oppure investendo cifre + importanti si può accreditare un prodotto e venderlo come top di serie… direi che la comunicazione è una bella arma a doppio taglio. Ad ogni modo ritengo sia la base fondamentale ed imprescindibile per la presentazione e divulgazione di un’idea o di un progetto, ma come dire.. una bella scatola ha bisogno al suo interno di un prodotto degno del proprio fiocco.

Tra tutti gli artisti della danza che hai conosciuto in questi anni vuoi nominare qualcuno del quale sei rimasto particolarmente colpito a livello professionale e umano?

Facendo dei nomi, si rischia sempre di dimenticare qualcuno. Ma ci sono due donne, molto diverse tra loro, che in particolare apprezzo molto… forse anche perché erano presenti all’inizio dei due eventi a cui sono molto affezionato: il Festival Ballet e Milano Danza. All’inizio dell’avventura di quest’ultimo, nel 2010, mi presentarono Luciana Savignano. Una persona solare, disponibile e naturalmente elegante che tutt’oggi quando si esibisce mantiene sublime la propria espressività. Ricordo con piacere la nostra prima cena dove mi bandì ogni riverenza e piuttosto mi chiese di parlarle di me… richiesta insolita da parte di un Protagonista. L’altra è Anbeta Toromani, madrina della prima edizione del Festival Ballet nel 2006. In realtà ci conoscevamo già da anni. Per quanto a primo impatto, per i molti, possa sembrare severa ed altezzosa, ritengo invece sia una grande professionista. La caratterizzo per onestà, serietà, dignità ed un’etica professionale che non l’hanno mai portata ad approfittarsi delle situazioni.

Quali sono stati i tuoi maestri, non solo materiali ma anche ideali?

Non saprei rispondere. Forse nessuno in realtà. Semplicemente sento una riconoscenza rispetto alla mia famiglia ed a mia madre che ha creato in me un forte senso di responsabilità.

Oltre alla danza, coltivi altre passioni artistiche?

Guarda, la mia principale passione è il mio lavoro. Una regia, una composizione, un coordinamento di più segmenti e persone al fine di raggiungere un risultato emotivo. Non so se possa essere considerata una forma d’arte, ma se si parla di vere emozioni forse ci si avvicina molto.

C’è in particolare un ballerino o ballerina a livello mondiale che ti piacerebbe avere per la prossima edizione 2015?

Nelle varie edizioni ci siamo effettivamente tolti qualche sfizio. Abbiamo ospitato artisti ed icone del calibro di David Parsons, Eleonora Abbagnato, Elisabetta Terabust, i Direttori dei più grandi centri di formazione al mondo… per la prossima edizione abbiamo già qualche Nome in mente, ma la mission non è più quella di ospitare semplicemente un artista piuttosto che l’altro bensì di collaborare con loro e renderli più parte integrante della progettualità.

Il mondo della danza è molto affascinante. Potresti descriverlo, dal tuo punto di vista, per i nostri lettori?

Effettivamente la visione è molto soggettiva. A parte la sensazione che tutti i palcoscenici dei Teatri abbiano lo stesso inconfondibile odore, per me la Danza ha una parvenza quasi onirica, inafferrabile, sublime… è assenza di gravità, sospensione, leggerezza… è una contrazione accentuata oppure un volto sorridente che non tradisce fatica. Provate a farvi accompagnare e trasportare da quel movimento, un continuum incessante che va lontano, oltre, anche quando si ferma la musica e per assurdo anche quando si arresta il movimento.

Qual è l’emozione più viva di tutta la tua importante carriera?

Mantengo viva l’esperienza nell’organizzazione di concerti. Per me l’apice di ogni concerto era quell’attimo che precedeva l’inizio dello show… il “limbo” lo chiamavo. Mi nascondevo in quello spazio che separava il pubblico – trepidante, caloroso, in attesa – e l’artista dietro il sipario – carico, concentrato, solo. Il filo invisibile che ancora per quei pochi attimi li avrebbe separati, era pieno di un’energia vibrante… indescrivibile. Dopo i primi 3 secondi di concerto la tensione calava e mi mettevo già all’opera per l’evento del giorno seguente. Forse uno dei più piacevoli ricordi fu quando ebbi occasione di lavorare nello staff organizzativo dell’unica data di “Allevi & All stars orchestra” all’Arena di Verona. Per me era la prima volta in Arena (non avevo mai avuto occasione di entrarci neppure come spettatore) ed entrare in quel tempio della musica come operatore mi diede molta soddisfazione.

Cosa ti aspetti dall’edizione Milano Danza Expo 2014?

Ho il dovere che Milano Danza – anche questa edizione – cresca in termini di pubblico ed offerta. Vorrei di più in realtà… vorrei un pubblico entusiasta, soddisfatto, collaborativo. Spero di offrire loro delle reali opportunità formative e di carriera e se per taluni non accadesse vorrei per lo meno che nel ritorno a casa possano affermare “mi sono divertito”.

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