La danza nel cinema: An American in Paris

di Fabiola Di Blasi
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Questa nuova opera, un vero balletto rapsodico, è scritta liberamente. E’ la musica più moderna che io abbia mai scritto (…) ognuno può leggere nella musica tutte le immagini che preferisce”. 

E’ il 1928 quando George Gershwin scrive il poema sinfonico An American in Paris ispirato al suo soggiorno nella capitale francese risalente alla fine della I guerra mondiale. La prima esecuzione alla Carnegie Hall di New York è un successo: la musica descrive e rievoca chiaramente la vita parigina degli anni ’20 del Novecento anche grazie alla presenza di strumenti che, tradizionalmente, non fanno parte di un’orchestra (sono presenti addirittura quattro clacson di taxi francesi acquistati e trasportati da un continente all’altro dal compositore stesso). Chissà se Gershwin immagina che i ricordi raccontati con la sua musica finiranno sul grande schermo grazie al lavoro onirico e vivace di Vincente Minnelli.
Nel 1951, infatti, An American in Paris arriva nei cinema d’oltreoceano per raccontare la storia di Jerry Mulligan (Gene Kelly), un ex soldato americano rimasto a Parigi dopo la guerra a fare la vita da pittore bohèmien, e dei suoi suoi amici, il musicista Adam Cook (Oscar Levant) ed il cantante Henri Baurel (George Guetary). Jerry attira l’attenzione della ricca mecenate Milo Roberts (Nina Foch) interessata a supportare la sua arte (o forse più ad una liason) ma si innamora della graziosa commessa Lise Bouvier (Leslie Caron) senza sapere di trovarsi davanti alla promessa sposa di Henri. La ragazza incontra più volte Jerry in segreto ma si sente in dovere di sposare Henri che si è preso cura di lei una volta rimasta orfana durante la guerra. L’intreccio sentimentale si risolve soltanto alla fine quando l’amore tra Jerry e Lise ha la meglio. Più che la storia raccontata, ciò che è importante e che rimane impresso di “Un americano a Parigi” sono i numeri musicali e danzati. Stiamo parlando di un musical integrato in cui canzoni, ballo e recitazione si fondono perfettamente creando una sublime armonia di suoni e colori e dando vita ad uno dei più grandi, eleganti e celebrati musical degli anni ’50! Musiche di George e testi di Ira Gershwin, set e costumi sontuosi, coreografie mozzafiato firmate da Gene Kelly, protagonista indiscusso del film, cantante, ballerino, coreografo (dirige anche alcune sequenze quando Minnelli non può essere sul set): per questo film Gene Kelly riceve un Oscar speciale (Academy Honorary Award) per la sua versatilità mentre per la diciannovenne Leslie Caron, già danzatrice con la compagnia di Roland Petit dove Gene Kelly la scopre, questa pellicola rappresenta il debutto cinematografico dopo il ritiro di Cyd Charrisse che non può più essere la protagonista per via della gravidanza.

L’intero film mostra il clima di ottimismo tipico del dopoguerra e glorifica la gioia di vivere di Parigi, città ideale per ambientare una storia d’amore, ma viene girato quasi interamente sui palcoscenici della MGM, in California, dove vengono allestiti ben 44 set! Le riprese realmente effettuate nella “Ville lumière” sono solo due.

Uno dei momenti salienti del film è il suo impressionante finale: un ambizioso, colorato e fantasioso “dream ballet” di circa diciassette minuti, costato alla MGM 42.000 dollari supplementari per le riprese durate un mese. Negli ultimi venti minuti di film non c’è alcuna battuta recitata eppure l’incanto della musica e del ballo tengono alta l’attenzione dello spettatore. Va detto che il successo del tema ballettistico nel film inglese di Emeric Pressburger “The Red Shoes” (1948) ha ispirato Minnelli che nei suoi film precedenti aveva sperimentato e inserito solo sequenze di ballo più brevi. L’uso del cinemascope, soprattutto nelle sequenze delle tele dei grandi pittori esaltata anche dai rapidi movimenti di macchina, risulta azzeccatissimo. Per questa parte le musiche di Gershwin sono riarrangiate e integrate da Saul Chaplin.

Annoverato tra i cento migliori film di tutti i tempi, An American in Paris ha avuto otto candidature all’Oscar e ne ha vinte sei: Miglior film (Arthur Freed, produttore), Miglior soggetto e sceneggiatura (Alan Jay Lerner), Migliore cinematografia a colori, Migliore direzione artistica di colore / Decorazione di set , Miglior punteggio musicale e Miglior design di costumi. Le sue candidature alla regia (Vincente Minnelli) e al montaggio cinematografico non sono state premiate. Inoltre, “Un americano a Parigi” è solo il terzo musical a vincere il premio come miglior film dopo The Broadway Melody del 1929 e The Great Ziegfeld del 1936. È anche il primo musical a vincere un Golden Globe del 1952.

Nel 2016, per il 65 anniversario, “Un americano a Parigi” torna nelle sale cinematografiche restaurato.

La collaborazione tra Gene Kelly e Vincente Minnelli non poteva che portare al risultato ottenuto ovvero la nascita di un capolavoro maestoso e immortale in un’epoca già molto fortunata per Hollywood e per il musical: soltanto un anno dopo, nel 1952, con un Gene Kelly regista e performer, si canterà sotto la pioggia (Leggi anche www.dancehallnews.it/singin-in-the-rain/).

Genere: musicale, romantico
Anno: 1951
Regia: Vincente Minnelli
Soggetto e Sceneggiatura: Alan Jay Lerner
Coreografia: Gene Kelly
Scenografia: Cedric Gibbons, Preston Amers
Costumi:
Orry-Kelly, Walter Plunkett, Irene Sharaff
Interpreti: Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant, Georges Levant, Nina Foch
Fotografia: Alfred Gilks, John Alton
Montaggio: Adrienne Fazan con la supervisione di William LeVanway
Effetti speciali: Warren Newcombe, Irving G. Ries
Musica: George Gershwin (musica), Ira Gershwin (testi), Saul Chaplin (direzione/supervisione)
Produzione: 
Arthur Freed
Distribuzione: MGM (1952)
Paese: Stati Uniti
Lingua originale: inglese
Durata:
ca 113 minuti
Box office: 7 milioni di dollari
Link al trailer: www.youtube.com/watch?v=1XMXAleA1e

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