Danza e melodramma: intervista alla regista e coreografa Valentina Escobar

di Fabiola Di Blasi
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Com’è nata la tua passione per il teatro?

Fin da piccola la mia famiglia mi faceva sentire dischi e cd di opere liriche, mia mamma mi comprava le video cassette di balletti con Luciana Savignano, Carla Fracci, Rudolf Nureyev ed altri mostri sacri della danza che conservo ancora. Me lo ricordo come fosse adesso: mi sedevo a piedi nudi col mio body da ginnastica artistica (sognando che un giorno qualcuno mi regalasse un bel tutù) sul tappeto bianco nel salotto con gli occhi che si illuminavano e da cui talvolta scendevano lacrimoni di commozione e invece di fare i compiti di matematica passavo le ore a guardare questi splendidi balletti. Poi correvo nella mia cameretta, prendevo le barbie ed i pelouches e…iniziava il gioco del teatro fatto in casa: i pelouches  e le bambole erano i protagonisti delle opere liriche e dei balletti che “allestivo” creando regie, scene e persino costumi con i campioni dei ricami che faceva mia nonna. Mio padre poi mi portava a vedere le prove e gli spettacoli prima alla Scala e poi al Comunale di Bologna e qualche volta anche in tournée (Mosca e Tokyo): ho visto a cinque anni le prove della storica Traviata con Muti, la Fabbricini protagonista e la regia di Liliana Cavani. Ero incantata non solo dallo spettacolo, dalla musica, dal canto, ma anche da quello che dicevano il direttore e la regista; era come se mi svelassero il segreto del fare teatro, era magico, un momento di immensa gioia e curiosità, un posto dove poter sognare ad occhi aperti e stimolare la mia fantasia. Col passare del tempo, crescendo e maturando, il mio sguardo al teatro diventava sempre più profondo. Volevo alimentare la mia passione per teatro, musica e danza e farne, dopo gli studi adeguati e specifici, la mia professione, il lavoro della mia vita. Così è stato.

Quali sono stati i Maestri che ti hanno ispirato maggiormente?

Il mio percorso formativo in ambito artistico è durato tanti anni ed è stato molto amplio, stimolante e gratificante quindi ho avuto tanti maestri, alcuni di loro anche molto validi, ma cinque sono stati fondamentali per la mia crescita umana e professionale, i veri Maestri che ti segnano nel senso più bello e positivo: Narcisa Bonati, una donna simpaticissima, carismatica, bella (non solo esteticamente), storica attrice del Piccolo Teatro, particolarmente cara a Strehler (una delle più brave Smeraldine in “Arlecchino Servitore di due padroni” che ha girato tutto il mondo!); Marise Flach, straordinaria Maestra, tenera e severa al tempo stesso, preziosissima collaboratrice dello stesso Strehler, di Luca Ronconi, Carlo Battistoni (il mio terzo Maestro, regista teatrale e televisivo, che si è occupato degli spettacoli lirici per la RAI oltre ad essere stato regista collaboratore di Strehler) e Lamberto Puggelli per i quali ha creato tantissime coreografie e movimenti mimici. Marise, Narcisa e Carlo mi hanno cambiato la vita! Da giovanissima appassionata di teatro mi hanno reso una donna forte e determinata, mi hanno fatto crescere: oltre alle tecniche fondamentali per recitare, rapportarsi con attori, cantanti, mimi e ballerini, creare regie, coreografie e movimenti, mi hanno insegnato che non bisogna mai arrendersi, che bisogna osare, avere coraggio, “andare oltre”, resistere anche di fronte alle malattie e alla stanchezza fisica o mentale (con Marise ho rimontato la storia della “Bambola abbandonata ”con protagonisti oltre 100 bambini quando aveva già compiuto 80 anni e con Carlo “Così fan tutte” e “Giorni Felici” quando era già vittima della sua malattia terminale). Mi hanno trasmesso la gioia vivere, di lavorare e fare Teatro. Hanno voluto e saputo trasformarmi in una professionista , dandomi oltre agli strumenti tecnici, affetto, rigore, coraggio e occasioni.

Mancano due Maestri…

Si, gli altri due Maestri che mi hanno dato tanto sono stati sicuramente per il teatro Peter Brook, di cui ho potuto frequentare una stupenda e utilissima masterclass nel 2001 a Milano e, per la danza,  Micha Van Hoecke: ognuno deve conoscere la sua parte e quella degli altri per interpretare al meglio il suo personaggio e l’opera, così come ovviamente il regista, il coreografo e  il direttore d’orchestra devono sempre essere padroni della situazione.

Dei tanti progetti realizzati, quali ricordi con maggiore piacere?

Il mio Progetto Shakespeare che ha conquistato il pubblico teatrale di tutte le età per cinque stagioni teatrali consecutive  dedicato ai capolavori del Bardo inglese (Romeo e Giulietta, Antonio e Cleopatra, la Dodicesima notte, Sogno di un notte di mezza estate) di cui ho creato io regia, coreografie e drammaturgia facendo riferimento ad opera teatrali, liriche, musicali e cinematografiche ad essi ispirati, con giovanissimi interpreti di tutta Italia e Cina; Così fan tutte di Strehler, ovvero il primo spettacolo lirico a cui ho lavorato ormai tanti anni fa; Gianni Schicchi con Leo Nucci; Walkiria, Siegfried e Goetterdaemmerung con Pagliaro al Petruzzelli di Bari; Lucia di Lammermoor, Macbeth, Lohengrin e La Traviata (da pochi giorni vincitrice dell’Oscar di GBopera come miglior spettacolo con la regia di Brockhaus e le scene di Svoboda) dei quali ho creato le nuove coreografie in Italia e all’estero.

In un’opera lirica un coreografo lavora con mimi e danzatori ma coordina anche i movimenti scenici di figuranti, coro e solisti. Come si gestisce un impegno così grande e come cambia l’approccio con le diverse figure artistiche?

Per me è sempre una gioia lavorare con solisti, ballerini, artisti del coro, mimi e figuranti. Innanzitutto bisogna essere competenti, preparati per farlo che non significa solo conoscere l’opera a memoria, ma anche avere tanta esperienza, capire quelle che possono essere le loro esigenze e possibilità fisiche, artistiche, vocali, i loro difetti, le loro “frustrazioni”, le loro paure,  i loro limiti,  le loro preoccupazioni. Detesto alcuni colleghi che, per qualche forma di abuso di potere, trattano gli artisti come degli animali da addomesticare. Per me innanzitutto è fondamentale il rispetto, sapersi relazionare,  trattarsi come essere umani: la dignità umana e professionale va difesa quotidianamente. Bisogna costruire, affrontare difficoltà insieme, trovare per ogni persona, un linguaggio adatto a diventare la base per co-creare. Credo che un buon regista o coreografo debba essere sotto questo punto di vista anche un po’ uno psicologo o meglio debba in poco tempo capire i caratteri e trasformare eventuali difetti in pregi. L’obiettivo comune dev’essere la collaborazione, la realizzazione di uno spettacolo di qualità, armonico, dove tutte le categorie si intreccino in totale sintonia. Per far questo, in sede di selezione di mimi, ballerini e figuranti, è fondamentale scegliere chi ha più esperienza, capace, in poco tempo, di creare un’intesa con gli altri nello spirito dello spettacolo, nell’idea del regista e del coreografo. Per lavorare bene non è possibile inserire in un contesto di professionisti persone senza esperienza, preparazione, doti e capacità. Fare teatro è meraviglioso, ma è un lavoro e quindi se un ragazzo vuole fare il figurante deve presentarsi alle selezioni solo dopo aver imparato almeno le nozioni essenziali per stare sopra le travi di un palcoscenico. Per fare teatro, danza, opera, musica, ci vuole competenza oltre che passione esattamente come accade per le altre professioni. E’ opportuno e fondamentale dare possibilità anche ai più giovani ma bisogna prima dare loro gli strumenti necessari per intraprendere questa professione altrimenti la loro presenza risulterebbe poco utile e imbarazzante. E’ vero, l’esperienza si deve fare anche sul campo, ma prima è necessario acquisire le tecniche di base altrimenti si fanno danni e si perde tempo, non si costruisce, al contrario si rischia di distruggere .

Si è appena conclusa la tournée di Lucia di Lammermoor nei teatri dell’Emilia Romagna. Cosa ci puoi dire di questa esperienza?

Indubbiamente è stata un successo,  sia al Teatro Pavarotti di Modena che al Teatro Regio di Parma, passando per il Teatro Municipale di Piacenza ed il Teatro Valli di Reggio Emilia abbiamo raggiunto la qualità che sia io sia  Brockhaus cercavamo lavorando benissimo con direttore d’orchestra, solisti, artisti del coro , ballerine e mimi e tecnici. L’obiettivo era creare uno spettacolo poetico,  in totale armonia con la musica, dinamico e ci siamo riusciti: lo hanno dimostrato i tanti applausi , gli apprezzamenti del pubblico e della critica.

Quali consigli daresti ai giovani che vogliono lavorare nello spettacolo dal vivo?

Cercare la scuola o l’accademia giusta per acquisire la tecnica di base fondamentale, approcciarsi a questo lavoro con tanta passione ma anche con la consapevolezza delle difficoltà fisiche, psicologiche, economiche e professionali che si dovranno affrontare durante il proprio cammino. Valutare bene le proprie reali capacità e possibilità, selezionare con cura insegnanti, occasioni e posti di lavoro, fissarsi un obiettivo e cercare di raggiungerlo con determinazione ricordando di essere superiori alle difficoltà e alle cattiverie, ai giochi di potere spesso sporchi di questo settore. Non fissarsi su un’unica possibilità artistica, un determinato modo di fare teatro, danza o musica (spesso, purtroppo, i giovani con poca personalità appena diplomati sono convinti che quello che hanno imparato a scuola sia l’unico metodo possibile per recitare, cantare o ballare e questo a lungo andare li metterà in difficoltà e avranno problemi a relazionarsi con altri, scoprire nuove possibilità e sperimentare). La Scuola è fondamentale per acquisire alcune tecniche fondamentali, ma poi siamo noi che dobbiamo fare un passo in avanti, dobbiamo costruirci autonomamente uno stile, dobbiamo continuamente inventarci, imparare a conoscerci sempre più in profondità, sviluppare un’identità lasciando da parte l’arroganza. Bisogna cercare di fare il maggior numero di esperienze ma saper selezionare e imparare a difendersi, diventare duttili, sapersi adattare e fronteggiare tutti gli imprevisti, non sottovalutarsi e non sopravvalutarsi, non diventare ottusi o strafottenti perchè saper lavorare in teatro significa relazionarsi con gli altri, costruire, non distruggere. Ogni giovane che voglia iniziare a lavorare nello spettacolo dal vivo non può pensare di cercare lavoro sotto casa, ma deve essere aperto mentalmente, pronto a viaggiare, ad allontanarsi a volte anche dai propri cari, e pronto all’idea che la sua carriera sarà difficile,  fatta di successi e insuccessi, a volte giusti a volte ingiusti. Non si può fare teatro se si è fragili purtroppo, bisogna avere anche il carattere giusto per farlo oltre alle capacità e alle competenze. Lavorare in teatro è stupendo, ma non è un gioco, bensì una professione molto difficile!

Nella programmazione televisiva di oggi i pochi contenuti culturali legati al mondo della musica, della danza, della prosa e dell’opera lirica vengono trasmessi ad orari in cui c’è minore partecipazione di pubblico, spesso di notte.  Un mezzo accessibile a tutti come la televisione potrebbe svolgere un ruolo educativo e avvicinare la gente al teatro?

Certamente. La televisione potrebbe trasmettere spettacoli per un pubblico eterogeneo e di tutte le età, bambini compresi, in orari più accessibili e con più frequenza (e non solo su pochi canali di settore). La cultura, il teatro, la musica, la danza sono un bene comune che va tutelato, incrementato e difeso il più possibile e con tutti i mezzi (compresi la radio, la televisione ed il web).

Guardando il tuo curriculum si deduce che tu sia un vulcano di idee sempre al lavoro sicuramente con grande passione. Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Tra qualche giorno inizierò a lavorare all’Opera di Toulon per la tournée di Traviata di cui curerò le coreografie  interpretate dal corpo di ballo del teatro francese, poi sarà la volta della Lucia di Lammermoor a Savona.  In questi giorni mi hanno proposto di insegnare a giovani cantanti lirici americani e creerò  le coreografie di Carmen per un nuovo allestimento all’estero. Inoltre sto preparando la nuova edizione del mio progetto Shakespeare con un nuovo spettacolo teatrale e musicale e tra pochi giorni il mio “Romeo e Giulietta…eternità di un amore poetico, teatrale e musicale”, dopo il successo del debutto al Teatro Litta di Milano con protagonisti giovani performer, verrà proposto anche al pubblico virtuale: grazie alla collaborazione con Welcometheatre il pubblico di tutte le età che lo desidera potrà vedere questo spettacolo sul web pagando un biglietto a prezzi molto contenuti come e quando lo vorrà.

Grazie infinite per la disponibilità e per averci dedicato il tuo tempo.

Grazie a voi!

www.valentinaescobar.it

Fabiola Di Blasi

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