“Oh Cin Ci Là… Mordi, rosicchia, divora”

di Elena D'Angelo
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Dal momento che l’accoppiata Lombardo-Ranzato aveva dato, con Il Paese dei Campanelli, risultati eccellenti, il librettista ed editore Lombardo sottopone al Ranzato, il copione di Luna Park che, in origine, era destinato a Franz Léhar. Sono gli anni in cui il Lombardo va cercando un collaboratore tra i colleghi musicisti; in tale senso aveva già avuto a che fare con Pietro Mascagni, Mario Pasquale Costa, Robert Stoltz, Bela Zerkowitz ed appunto il Léhar, con cui aveva scritto La Danza delle Libellule.

Ranzato crea un eccellente spartito per Luna Park, tuttavia incontra non poche difficoltà nella riproduzione del personaggio del comico, impersonato dal grande Charlot. La musica è forse ancora più rutilante che nel lavoro precedente, a scapito delle pagine più liricamente impostate, ove si eccettui lo stupendo Duetto del Solitario, in cui si dispiega la vena melodica più genuina del Ranzato.

Il 18 dicembre 1925 va in scena a Milano al Teatro Dal Verme, Cin Ci Là e questa volta le repliche ininterrotte saranno centoventisette! La storia si svolge in Cina, una Cina decisamente da operetta, in cui, durante il periodo che va dalla celebrazione del matrimonio tra il Principe Ciclamino e la Principessa Myosotis e la “consumazione” dello stesso, tutte le attività sono sospese per l’usanza locale del “Cion Ki Sin”. Immaginate cosa potrà accadere se in un periodo del genere, paragonabile ad un lutto nazionale, arrivasse a Macao la bella Cin Ci Là, ex amante del principe Fon Ki, padre dell’inesperta sposa, per girare un film. Cin Ci Là è seguita dall’innamoratissimo, ma respinto, Petit Gris, che per guadagnarsi il suo amore, la segue per tutta Europa. I due sposini, troppo ingenui, non si decidono a dare “l’erede” alla nazione: dovrà essere Cin Ci Là a dare lezioni al Principino e Petit Gris farà altrettanto con la Principessina: risultato? Un finimondo!

Questo, per sommi capi, il soggetto concepito dal Lombardo, le parole musicate sono di Carlo Ravasio, un industriale della Brianza, giornalista scrittore appassionato di teatro e di musica, che si legherà di profonda amicizia al Ranzato e ne diventerà uno dei più attivi collaboratori. Il Ravasio ricoprì anche alte cariche politiche: Segretario del sindacato Fascista dei giornalisti lombardi e Vice segretario del P.N.F. alla fine degli anni trenta. Forse fu proprio per questa ragione che Cin Ci Là reca la dedica “A S. E. Benito Mussolini”. In quest’operetta il Ranzato trova spazio per lirici abbandoni nei brani destinati alla coppia soprano-tenore (da L’ultima bambola a Nel Pen-ci-lì a La Canzone della Margherita); la sua esperta mano ci regala tre splendidi finali d’atto articolati e vari, pur con le riprese d’obbligo dei motivi principali già proposti nel corso del lavoro, purtroppo, scelleratamente, quasi completamente tagliati nelle rappresentazioni dell’operetta ai nostri giorni. Naturalmente non mancano i motivi “alla moda” destinati alla coppia brillante con le melodie fresche e, giustamente, di facile presa sul pubblico, come Rose e Oh, Cin Ci Là! È ancora da segnalare il bel “trio” per violino, violoncello ed arpa, composto addirittura in due versioni: la prima ripropone il tema del Duetto delle Tortore, che però non fu mai eseguita ai tempi del Ranzato, come opportunamente annotato sul frontespizio della successiva versione, ed è inserita quasi all’inizio del finale secondo; l’altra (che nessuno oggi utilizza più) va eseguita durante il numero 11, cioè durante La Canzone della Margherita, solo se Cin Ci Là si traveste in scena (recita il testo), ed è basata sul tema de L’ultima Bambola.

L’anno successivo, Ranzato è impegnato, almeno in massima parte, dalla composizione di ben due operette: Zizì e La Città Rosa. La prima, con testo del Ravasio, pur edita dal Lombardo, porta la firma del solo Ranzato ed è una sorta di fiaba che si svolge tra un castello nel Cadore e la corte del Re del Sahara nell’oasi di Chombouruk. I soli due brani conosciuti, La Canzone della Rondine e La Canzone del Sahara, ci mostrano una grande delicatezza di ispirazione e, specialmente nel secondo brano, una notevole ricerca di ambientazione orientaleggiante, tutt’altro che di maniera. La seconda, La Città Rosa del 1927, è ambientata in India nella città di Jaipur, dove si svolge una storia del tutto simile a quella di Cin Ci Là, ma al contrario. È la bella Crapotte che segue il suo amato Pusot, fino in India per farsi sposare…

Vi aspetto per continuare il nostro viaggio nel frizzante mondo dell’operetta.

Elena D’Angelo

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